La Gazzetta dello Sport

ALAPHILIPP­E RIPORTA IL SORRISO SUL TOUR E POI PIANGE PER PAPÀ

LouLou show a Nizza dopo la prima giornata da incubo. Attacca, trionfa, torna in giallo un anno dopo e pensa al genitore morto a giugno

- di Francesco Ceniti - INVIATO A NIZZA (FRANCIA)

Il moschettie­re è tornato. Con una stoccata delle sue, Julian Alaphilipp­e si è preso tappa e maglia gialla, infiammand­o la Grande Boucle e i francesi, santifican­do una bellissima domenica di ciclismo, scacciando incubi e nuvoloni neri, riprendend­osi il simbolo del comando un Tour dopo, regalando alla Deceuninck-Quick Step tanta felicità dopo i giorni neri seguiti agli incidenti patiti da Jakobsen ed Evenepoel tra Giro di Polonia e Lombardia. Il moschettie­re è tornato e ha infilzato il gruppo sulla salita meno attesa, il Col de Quatre Chemins a pochi chilometri da Nizza: con un attacco deciso ha spappolato il ritmo imposto dalla Jumbo, treno deragliato anche per il capitombol­o (dopo tamponamen­to) senza conseguenz­e di Tom Dumoulin. Poi ha sopportato con malcelata insofferen­za la compagnia dello svizzero Hirschi (secondo, avrà passato la notte insonne per il metro fatale concesso

in volata al francese) e all’inglese Adam Yates, per batterli allo sprint lanciato all’improvviso, controvent­o e col gruppo in rimonta. Il moschettie­re Julian è l’amico ritrovato, quello che ci voleva per voltare pagina e guardare avanti. La tappa va raccontata bene, per tanti motivi. Uno ve lo diciamo subito: i primi due vincitori del Tour 2020 (Kristoff e Alaphilipp­e) sono stati entrambi re della Sanremo. Bella coincidenz­a. Ora, andiamo sul resto.

Tornanti e tifosi

Dopo fulmini, saette e il temporale mandato sulla corsa da Giove, costato cadute e lacrime a 100 corridori (3 ritiri: Gilbert e Degenkolb della Lotto e Valls della Bahrain), la Costa Azzurra torna Costa Azzurra. Nizza si presenta vestita con un cielo terso, sole in abbondanza e un mare azzurro che vien voglia di lasciarsi andare (in acqua). Ma il Tour chiama, la strada pure. E prima delle salite, prima della stoccata del moschettie­re, prima di tutto questo, c’è spazio per parlare di Matteo Trentin e Peter Sagan, andati in fuga al pronti, via. Come mai? Entrambi a caccia di punti utili per la maglia verde: lo sprint intermedio dopo appena 45 km val bene una fuga. E sul rettilineo in leggera pendenza di Lac de Broc, il vicecampio­ne del mondo batte il tre volte iridato. Uno a zero per l’azzurro, poi fermato da un guasto meccanico. Sagan e i 6 compagni di avventura proseguono verso il Col de Turini (reso celebre dal Rally di Montecarlo), dominatore delle Alpi Marittime coi suoi 1607 metri. In tempi normali sarebbe stato preso d’assalto dai tifosi, ma non siamo in tempi normali (maledetto Covid!). Così, da sabato

risultava proibito al pubblico. Meglio: strada sbarrata a macchine e camper, mezzi tipici usati dai suiveurs del Tour. L’accesso alla salita, però, era consentito a chi si muoveva in bici o a piedi. Come dire: pasticceri­a chiusa, potete ammirare la vetrina da fuori (leggi tv), ma i bambini possono entrare. E per fortuna i “bambini” amanti delle due ruote abbondano. E così i ciclisti hanno avuto la gradita sorpresa di trovare tanta gente sui tornanti, pronti a far sentire il calore tipico di una Grande Boucle, anche in mascherina. E qui ci permettiam­o di aprire una parentesi: sembra quasi ci sia la voglia di soffiare contro il Tour e in genere lo sport, ripartito dopo l’emergenza virus. Quasi la speranza che accada qualcosa di grave per bloccare la corsa e dire “l’avevamo detto”. Non spetta a noi dire o non dire se ci fossero o no le condizioni per iniziare la Grande Boucle. C’è chi è preposto al compito, sono state studiate restrizion­i severe e giuste. Il Tour è salpato e noi sinceramen­te facciamo il tifo perché arrivi a Parigi. Se non accadrà vorrà dire che il nemico invisibile ha vinto ancora, sarebbe una pessima notizia. Ma siccome del “futuro non c’è certezza”, ci basta “essere lieti” raccontand­o il presente, tappa dopo tappa, emozione (perché il ciclismo è emozioni) dopo emozione. E a chi ripete con ossessione “dovete morire”, rispondiam­o come il grande Massimo Troisi “mo’ me lo segno”. Fine della parentesi.

La stoccata

Sul Turini (primo Perez) termina l’avventura in giallo di Kristoff, vichingo velocista a mal partito in montagna. Poi in discesa è la Jumbo-Visma a dettare il ritmo, lo stesso accade sul Col d’Eze (dove Hitchcock girò molte scene di Caccia al ladro, con la futura Principess­a di Montecarlo, Grace Kelly). Ci avviciniam­o al colpo di spada di Alaphilipp­e, ma prima annotiamo la scivolata di Dani Martinez (vincitore del Delfinato e speranza gialla della EF) con annessa rincorsa e tempo perso (è arrivato 48° a 3’38”). Gran finale: con il traguardo a un tiro di schioppo, ecco spuntare la barbetta e la voglia matta di Julian. Colpisce al cuore e scappa via. Verso un trionfo che illumina di giallo Nizza e il Tour. Applausi.

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BETTINI FOTO WOUT BEEL Sembrava la Sanremo Alaphilipp­e, 28, batte lo svizzero Hirschi, 22, iridato under 23 nel 2018, in un finale stile Sanremo A destra, l’intensa commozione del francese
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