Djokovic sbanca Roma «Il peggio è passato»
DJOKOVIC SPAZZA VIA LE NUVOLE LA CINQUINA AL FORO È SERVITA «IL PEGGIO È PASSATO, ORA PARIGI»
Piega Schwartzman e... la pioggia. Ora è a 36 Masters 1000, uno più di Nadal New York è lontana: «Ma i primi giorni ero sotto shock»
Tuoni, fulmini e Djokovic. Il cielo di Roma promette tempesta, bagna con un piccolo scroscio l’insolita finale di lunedì senza metterla mai a rischio e poi apre le cateratte per pochi minuti quasi a festeggiare a modo suo il principe del Foro. Il ciclone è Novak, orgoglio da campionissimo che spazza via le nubi di New York e di quella squalifica storica per riconquistare il colle più alto degli Internazionali con un successo di cuore e tenacia, più che di qualità tecnica e stilistica: è il quinto trionfo in 10 finali, che lo rende il più vecchio vincitore del torneo nell’Era Open, a 33 anni e 4 mesi. Dopo un’estate tormentata e polemica, in cui i successi non erano mancati (a Cincinnati) ma avevano finito per essere sopraffatti dall’onda lunga del virus all’Adria Tour, dal massiccio impegno politico e dalla clamorosa pallata agli Us Open, il Djoker torna a fare quello che gli riesce meglio: alzare trofei. Adesso è lui a comandare nei Masters 1000, con 36 vittorie, una in più di Nadal, nello stesso giorno in cui supera un altro mito, Sampras, per settimane complessive al numero uno: sono 287, 23 in meno di Federer. Di questo passo, lo supererà a marzo salvo stravolgimenti. E infiammerà il dibattito sul più grande di sempre.
Troppo forte
Cui contribuirà, ovviamente, pure la corsa al record degli Slam: fallito l’assalto americano, Nole vola a Parigi con la fiducia del sorriso ritrovato e la speranza che Nadal non recuperi troppo in fretta dalla lunga inattività e dalla delusione romana. Nel frattempo, nella sfida indiretta al grande rivale e in assenza dell’infortunato Maestro elvetico,
Djokovic mette a segno un vincente importante, battendo Schwartzman, l’uomo che di Rafa era stato il giustiziere in un sabato notte da ricordare. Eppure il Peque, sostenuto pure dal Diego più illustre, Maradona, che gli aveva dedicato un tweet di auguri prima della partita, merita solo applausi e i mille del Centrale non li lesineranno. Pur con due ore in più di fatiche sul groppone nell’intera settimana e reduce dall’interminabile battaglia contro Shapovalov, l’argentino parte con il fuoco dentro e sale 3-0 con due break. La reazione del Djoker, però, è fenomenale: diventa più aggressivo in risposta, tiene in mano gli scambi con il rovescio lungolinea, mette i piedi in campo e con la palla corta punisce spesso il rivale pizzicandolo troppo lontano dalla riga di fondo. Il break che il numero uno subisce a inizio secondo set è l’ultimo sussulto del Peque, stanco e affranto: ora deve prendersi troppi rischi, tentare colpi più vicini alle righe, ma l’altro ormai è in controllo.
Casa dolce casa
E così, a cinque anni dall’ultimo successo e dopo tre finali perse dal 2016 all’anno scorso, Novak è di nuovo re di Roma: «Amo questa città, è il posto dove preferisco stare a parte la Serbia, mi dà sempre qualcosa di speciale: ormai sono dieci anni che mi ha adottato, e con il pubblico c’è un feeling incredibile. Non è stata la mia settimana migliore dal punto di vista del gioco, ma sono riuscito a tirare fuori il meglio di me nei momenti che contavano e lo dico senza arroganza». Forse confortato dal relax prepartita, coltivato con una partita a carte contro coach Vajda: «Come sempre è stato di grande aiuto, anche se resta il peggior giocatore di Uno della storia». E dalla ritrovata verve oratoria si comprende, ce ne fosse bisogno, che un successo al Foro gli serviva per esorcizzare definitivamente la sciocchezza combinata agli Us Open: «E’ stato importante giocare un torneo nella settimana immediatamente successiva a quell’episodio, mi ha consentito di rivolgere i pensieri ad altre situazioni, ma non nego che i primi cinque giorni li abbia passati sotto shock. Certamente rimane ancora qualche traccia, ma adesso sono concentrato solo sul Roland Garros». E nonostante l’apparente tranquillità ritrovata, l’appuntamento pesa, perché ai record e alle vittorie non ci si abitua mai: «Sono molto orgoglioso di aver sorpassato Sampras per le settimane al numero uno, quando cominci a tenere in mano una racchetta diventare il più forte del mondo è il primo sogno a cui pensi. Certamente voglio arrivare anche a Federer, ma dipenderà dal mio stato di forma, dalla mia convinzione, e dalla possibilità che il virus ci lasci finire questa stagione. E poi ci sono gli Slam, e a fine carriera diventare il giocatore che ne ha vinti di più per me è un obiettivo incredibile». Tremate: la belva è tornata.