Recovery fund Anche lo sport ha diritto a dire la sua
Scusate, una domanda: ma lo sport e l’attività fisica non meritano anche loro un pezzo del Recovery Fund, il fondo di recupero europeo (81 miliardi a fondo perduto e 127 di prestiti per l’Italia) che, a sentire il premier Conte, sarà in questi mesi lo spartiacque decisivo della storia d’Italia? Possibile che questa dimensione della vita degli italiani, individuale e collettiva, non sia considerata nel momento in cui si deve investire per rialzare il Paese dopo l’assalto del Covid? D’accordo, la lista delle proposte è lunghissima, ogni mondo vuole giustamente il proprio spazio e le proprie risorse. Che lo sport, però, possa generare lavoro, che produca benessere, per esempio consentendo di risparmiare risorse mai così preziose per il sistema sanitario nazionale, non è in discussione. A dirlo non è il presidente di una federazione, ma l’Organizzazione Mondiale della Sanità. E nello sport, come altrove, il passaggio dalla fase dell’emergenza a quello della ripartenza passa anche attraverso nuove risorse. Risorse che non servirebbero, chiariamolo, per la campagna acquisti dei grandi club della serie A, ma per esempio per rinnovare un’impiantistica diffusa logora e acciaccata, per offrire sport gratuito ai segmenti più fragili della società, per portare i professori di educazione fisica nella scuola elementare, una specie di miraggio che inseguiamo da anni (la legge è ancora incagliata al Senato perché manca la copertura economica).
La speranza è che oggi l’audizione del ministro Spadafora presso la commissione cultura della Camera possa rompere questo tabù. Non c’è tempo da perdere. Anche perché c’è un’aria strana in giro. Come se questo mondo - lo sport, l’attività fisica in tutte le sue espressioni - fosse ritenuto in questi mesi una sorta di rompiscatole un po’ provinciale, sempre a invocare ripartenze e a porre problemi di fronte a priorità più grandi. Una lettura profondamente sbagliata. Smentita dal bisogno di sport che gli italiani hanno manifestato anche in questi mesi tragici. Un bisogno che non può essere ignorato o dimenticato.