Juve sotto accusa
L’esame di Suarez e l’ipotesi talpa: «Dubbi sul club» I pm: «Tutto preparato prima. A Perugia una vera farsa, poco più di una recita»
l filmato e la talpa. Non è il titolo di una favola, ma le nuove puntate che stanno arricchendo la serie giudiziario-sportiva del momento, quella dell’“esame farsa” di Luis Suarez a Perugia. Da una parte l’intercettazione ambientale audiovideo che per i pm smaschera il test combinato con una collezione di imbeccate comunicate al candidato per proteggerlo da eventuali domande in contropiede. Dall’altra il sospetto, evidenziato dal procuratore capo Raffaele Cantone e dai pm Giampaolo Mocetti e Paolo Abbritti, che «rappresentanti della Juventus abbiano potuto avere contezza dell’esistenza di questo procedimento e delle attività tecniche in corso». In pratica: sapevano di essere intercettati?
I«Una recita»
È il 16 settembre. Gli uomini della Guardia di Finanza entrano nell’aula dove si svolgerà il giorno dopo l’esame di Suarez e predisponendo le apparecchiature tecniche per filmare, s’imbattono in un documento. È la certificazione dell’esame superato, preparata già in anticipo. Il ritrovamento, insieme con le mail acquisite qualche giorno dopo in cui la docente informava Suarez del contenuto dell’esame, «per filo e per segno», fa concludere ai pm: «L’esame si è quindi ridotto ad una vera e propria farsa, con il calciatore che si è limitato a ripetere all’esaminatore, in uno stentato italiano, quelle poche frasi che gli era stato chiesto di imparare a memoria». Dunque, c’è stata «perfetta coincidenza» fra i contenuti rivelati diversi giorni prima e gli argomenti affrontati il 17 settembre: frasi elementari sul confronto fra Italia e Spagna, la descrizione della sua famiglia, un’immaginaria gita ad Assisi. Le riprese dei finanzieri svelano la figura di un altro docente, «l’esaminatore silente», che non ha alcun ruolo visto che le immagini sono tutte scelte da uno degli indagati, il professor Rocca. «Poco più della riproduzione di una recita».
«Gravi condotte»
Ma se questo quadro, seppure meno circostanziato, emergeva già dopo le prime acquisizioni di settembre, per i pm c’è qualcosa di nuovo sul ruolo del club. Fino al punto di parlare di «gravi condotte di inquinamento probatorio poste in essere dal legale della Juventus, Chiappero, e dal managing director Paratici».
Si sarebbe costruita una sintonia di versioni, è l’ipotesi dei magistrati, «volta a ridimensionare il ruolo della Juventus nella vicenda». Mentre «l’interesse di Paratici evidenzia un interesse strategico della società per il rilascio della certificazione linguistica per il calciatore». Le «false dichiarazioni» si riferirebbero sostanzialmente a due argomenti: l’aver nascosto i rapporti con i «massimi livelli istituzionali» per accelerare le pratiche (vedi telefonata del dirigente juventino con l’amica e concittadina Paola De Micheli, ministra delle Infrastrutture);
l’illustrazione del dietrofront su Suarez (e la virata su Dzeko e poi su Morata) con l’insormontabile ostacolo tecnico della concessione della cittadinanza. Circostanza che per i pm era falsa perché al ministero dell’Interno erano stati più che possibilisti sull’arrivare al traguardo prima del 6 ottobre, il giorno della consegna della lista Champions. Anche se i diversi funzionari del Viminale coinvolti nei sondaggi juventini parlano genericamente di «primi di ottobre» o «prima metà del mese di ottobre». Ma i pm dicono: nessuno aveva parlato di «impossibilità di ottenimento della cittadinanza entro i termini». E viene sottolineato anche il fatto che a un certo punto della storia il black out sulla strada per ingaggiare Suarez, arrivi al punto in cui l’avvocato Chiappero non risponde più alle chiamate della funzionaria del ministero dell’Interno.
«Assenza di spunti»
Dalla Juventus nessuna reazione ufficiale. Non viene comunque messa in discussione la ricostruzione di Paratici e Chiappero: i tempi non c’erano. Inoltre la richiesta di misure cautelari è precedente all’ordinanza del Gip che accoglie solo in parte le richieste dei pm, sì alla sospensione dei quattro indagati, no agli arresti domiciliari (che non erano stati chiesti per Rocca). Il tutto senza entrare nel merito delle considerazioni dei pm sull’ipotesi talpa. Scrivendo dell’«assenza di qualsivoglia concreto spunto investigativo che possa accreditare la sussistenza di intese corruttive» con la Juve. Le richieste dei pm riguardavano comunque solo i quattro indagati dell’Università e non gli approfondimenti istruttori sul ruolo della Juve. Che sono ancora in corso. O magari non sono stati del tutto svelati.