La pace del pallone
IL CLUB ISRAELIANO PIÙ ANTI-ARABO HA UN NUOVO SOCIO ED È UNO SCEICCO
Il calcio abbatte le barriere. Anche quelle più solide. Uno sceicco che investe pesantemente in una squadra di calcio non è una novità rivoluzionaria, si è già visto a molte latitudini. Che si compri un club israeliano già fa più notizia, ma rientra comunque nel processo di pace promosso a settembre da Donald Trump. La vera forza d’urto che cerca di abbattere le barriere è che lo sceicco degli Emirati Arabi Uniti abbia acquistato (almeno al 50%) il Beitar Gerusalemme. Cioè la squadra con la tifoseria più estremista, razzista, di sicuro anti-araba di Israele.
Gli accordi di pace
Andiamo con ordine. A metà settembre, sul prato della Casa Bianca a Washington, sono stati firmati i cosiddetti “accordi di Abramo”, la pax-americana in Medio Oriente. Uno dei pochi successi diplomatici di Donald Trump, che sembrava potesse essere per questo pure candidato al Nobel: è l’intesa per la normalizzazione dei rapporti tra Israele da un lato, Emirati Arabi e Bahrein dall’altro, in cambio della sospensione dell’annessione della Cisgiordania. Non un trattato di pace – i Paesi in questione non sono mai stati in guerra – ma un accordo che ha segnato l’accettazione di Israele nel mondo arabo (e un’alleanza comune contro l’Iran, che infatti non ha preso benissimo l’intesa). Migliaia di israeliani hanno trascorso le vacanze – lockdown permettendo – nei Paesi arabi, Emirati soprattutto, non avendo più bisogno di un permesso speciale: Lior Raz, creatore e protagonista della celebre serie tv “Fauda”, a settembre si è fatto fotografare a Dubai con un membro della famiglia reale. Chi? Proprio lui. Sua altezza lo sceicco Hamad bin Khalifa al Nahya. sceicco Hamad è di Abu Dhabi, 50enne cugino del principe Mohammed bin Zayed, governatore degli Emirati. Ha acquistato il 50% del Beitar, condividendo la proprietà con Moshe Hogeg, investitore nel campo delle criptovalute. Lo sceicco ha promesso di investire nel club circa 75 milioni nei prossimi dieci anni. Una cifra mostruosa per il calcio israeliano. Problema: i tifosi. Il Beitar è la squadra dell’ultra-destra, l’unica di Premier a non aver mai schierato un giocatore arabo (e tenete conto che gli arabi rappresentano circa il 20% della popolazione isrealiana). La frangia più estremista del tifo, un gruppo chiamato “La Familia”, non manca mai di cantare il coro “morte agli arabi” e per venerdì ha indetto una manifestazione che punta a far saltare l’accordo. Si temono scontri perché anche i tifosi meno estremi manifesteranno, ma in favore dell’accordo. A rendere il clima ancora più esplosivo, saLo bato è in programma la sfida con il Bnei Sakhnin, squadra “araba” del campionato, finanziata dall’emiro del Qatar, la più grande rivale del Beitar: la storia della sfida è piena di violenti scontri tra hooligans, e quando nel 2004 il Bnei vinse la Coppa di Stato, i tifosi del Beitar pagarono un necrologio sul principale quotidiano israeliano che decretava la morte del calcio. Il Beitar non ha mai avuto arabi ma musulmani sì. Il processo è stato comunque laborioso e di difficile accettazione. Nel 2013 furono ingaggiati due ceceni. Musulmani. Quando uno di loro segnò un gol decisivo, gli ultrà lasciarono lo stadio invece di esultare, e diedero fuoco agli uffici della società. I ceceni dovettero andarsene.
Mostreremo la luce
Il Beitar è vicino al partito politico conservatore Likud, quello del primo ministro Benjamin Netanyahu. «Questo affare racconta come le cose stiano cambiando molto rapidamente», ha detto il premier israeliano a margine di un incontro con il ministro degli esteri sloveno. «E’ un momento storico per il club e per i due Paesi, Israele e gli Emirati. È il primo vero frutto dell’accordo di pace. Molte persone pensano che arabi e israeliani non possono lavorare insieme: dimostreremo il contrario», ha spiegato Hogeg, che ha già cercato nel recente passato di isolare i razzisti e i violenti della curva. Anche questo ha influito sulla scelta dello sceicco. Uomo un po’ enigmatico e di poche parole, Hamed bin Khalifa, che si è presentato con il figlio Mohammed, nominato vicepresidente. Quando gli è stato chiesto se teme l’influenza della Familia sull’accordo, si è limitato a dire: «Sfida accettata. Si tratta di giovani che hanno subìto il lavaggio del cervello, ma noi vogliamo mostrare loro la luce, il giusto sentiero da seguire». E Le barriere tremano. E stavolta è un buon segno.
Il 50% del Beitar passa a un membro della famiglia reale degli Emirati, che promette investimenti milionari. Ma i tifosi ultraviolenti sono già in rivolta