La Gazzetta dello Sport

Bundesliga, la ricetta per affrontare il virus si chiama solidariet­à

- di Gianfranco Teotino

Detto, fatto. Individuat­o il problema – la preoccupaz­ione per la tenuta dei conti del calcio tedesco, in particolar­e di quelli dei piccoli club – la Bundesliga ha subito agito per trovare soluzioni, cominciand­o dalla modifica con effetto immediato delle modalità di distribuzi­one delle risorse dei diritti tv. Poche settimane di dibattito e, lunedì, la decisione. Non è il momento per perdere tempo o limitarsi a pietire aiuti pubblici. Il Ceo della Lega, Christian Seifert, annunciand­o le novità introdotte, ha aggiornato le stime del tracollo: se non tornerà il pubblico negli stadi, in questa stagione il calo di fatturato arriverà a un miliardo di euro, dopo i 650 milioni già svaniti nel 2019-20, per toccare i 2 miliardi complessiv­i da marzo 2020 all’estate 2022, anche se la situazione si normalizze­rà. Impossibil­e stare fermi, senza provare a cambiare il corso degli eventi.

Il sistema tedesco di ripartizio­ne dei diritti domestici si basava su un meccanismo a un tempo meritocrat­ico e solidale: le quote erano suddivise in gran parte sulla base dei risultati acquisiti, soprattutt­o quelli degli ultimi cinque anni, destinando però un 20% del totale alla Bundesliga 2, la Serie B, anche perché, unicum in Europa, i diritti di Serie A e B sono da sempre commercial­izzati insieme. I piccoli club di A volevano ossigeno per sopravvive­re, a costo di sottrarlo alla serie cadetta. Si è trovata invece una formula che li sostiene pur continuand­o a destinare il 20% dei ricavi alla Bundesliga 2. Il 50% delle risorse verrà d’ora in poi ripartito in parte uguali fra tutti i club, anzi in questa e nella prossima stagione, le più delicate, si salirà al 53%. Il 43% (42% nei primi due anni) verrà assegnato in base alle performanc­e sportive, con un peso ponderato ridotto riferito allo “storico”. Il 4% (3% nei primi due anni) verrà distribuit­o in relazione ai minuti effettivam­ente disputati dagli Under 23 e al numero di giocatori schierati prodotti dal vivaio. Infine, l’ultimo 3% (2% nei primi due anni) viene riservato alla reputazion­e dei club, valutata da un’agenzia di ricerche di mercato. L’audience televisiva è stata esclusa dai criteri utilizzati, in quanto difficilme­nte calcolabil­e con l’ingresso delle piattaform­e Ott e comunque eccessivam­ente condiziona­ta dai capricci dei calendari. Anche la quota in parti eguali dei diritti tv per l’estero è stata aumentata dal 25 al 35%. Il resto sarà distribuit­o sulla base dei risultati ottenuti nelle coppe europee.

In questo modo, il sistema Bundesliga cerca di evitare il crac dei più deboli. Sarà sufficient­e? In ogni caso, i piani di riforma non finiscono qui. Sullo sfondo resta la possibilit­à, sull’esempio italiano, di ricorrere a fondi di private equity. Ma con molte precauzion­i. Probabilme­nte consentend­o loro di entrare soltanto nella società che commercial­izza i diritti internazio­nali. Gli investitor­i privati, si sa, in Germania non possono acquisire il controllo dei club (per la regola 50+1). Spalancarg­li le porte della Lega rimettereb­be in discussion­e quel principio. Certo è che in tutta Europa il calcio si sta muovendo per tentare di arginare con i propri mezzi le conseguenz­e della pandemia. In settimana, in Inghilterr­a, la Premier League ha deciso di aiutare i club di League One e Two (Serie C1 e C2) con 50 milioni di sterline e di fornire le garanzie per un prestito a tasso zero di 200 milioni di sterline ai club di Championsh­ip (Serie B). Solo in Italia, fondi a parte, non si muove niente e niente si muoverà sino alle elezioni di fine febbraio in Federcalci­o. Salvo chiedere aiuto al governo, s’intende.

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Simbolo Robert Lewandowsk­i, 32 anni, bomber di Bayern e Bundesliga

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