La Gazzetta dello Sport

FARINA: «FESTA PER OGNI GOL LO STRAPPAI ALLA JUVE CHE FELICITÀ»

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Il presidente ricorda il rapporto con Paolo: «Mai pentito di aver messo 2 miliardi e 600 milioni nella busta per riscattarl­o»

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Tutte le giornate sono dure, molto dure, quando la memoria va e viene, quando i ricordi si confondono tra di loro. Ma ieri per Giussy Farina, l’uomo che lanciò tra i profession­isti Paolo Rossi, che credette in lui come nessun altro, sono state ore ancora più difficili. L’ex patron del Vicenza prima e del Milan poi, a 87 anni, nel suo ritiro tra le colline vicentine, non si dà pace per la scomparsa del ragazzo che lui stesso ha sempre chiamato con tanto amore «il mio settimo figlio». Paolo non c’è più, Giussy piange, circondato dalle premure dei familiari, in prima fila la sua Ida, anche lei stretta conoscente di Paolo. Non si parla soltanto di Pablito, gloria nazionale e internazio­nale: il patriarca veneto quasi non accenna nemmeno alle imprese ai Mondiali, le percepisce in dissolvenz­a, come se non volesse nel suo inconscio mischiarsi alla folla adorante raccolta dal 1982 in poi per quel trionfo inaspettat­o in Spagna. Farina si tiene stretti i flashback della provincia italiana: pochi effetti speciali, magari più affetti. A un prestigios­o giornalist­a di lungo corso, una volta disse: «Sa come mi piacerebbe fosse titolata una mia intervista? “Farina vuota il sacco”». Poi si prendeva lui stesso in giro: «Ah, che monada». Stavolta non c’è voglia di scherzare, anche se il suo Paolo avrebbe riso lo stesso. Torna indietro al suo primo contatto con Rossi: «Avevo sentito parlare di lui, era già uno che si stava facendo un nome tra i più giovani di categoria. Perciò mi sono deciso e ho mandato gli osservator­i del Lanerossi a tenerlo d’occhio quando, in prestito dalla Juve, giocava nel Como. E così ci convincemm­o a prenderlo».

La scommessa

Decisione azzeccata, a giudicare dalla cronaca e dalla storia, anche se quell’attaccante che preferiva svariare sulle esterne, tanto che nell’album delle figurine Panini veniva catalogato come ala, sapeva di azzardata scommessa. Come ammette lo stesso Giussy sul suo acquisto nel 1976: «Arrivò a Vicenza e nei primi tempi non era molto conosciuto. Nel precampion­ato giocò in sordina, poi però si rivelò a tutti e diventò l’idolo delle folle, non soltanto dei tifosi biancoross­i». Farina si illumina, il suo vero orgoglio è stato il Vicenza, un mix irripetibi­le di football all’italiana e sfrontata indole offensiva, guidato da Giovan Battista Fabbri, noto GB. E in quel collettivo si scatenò Paolorossi, che da punta d’appoggio si trasformò in un efficace numero 9, al centro dell’attacco e della squadra. Quel Vicenza promosso dalla serie B si piazzò, nel 1977-78, al secondo posto in A, dietro alla Juventus. «Non ricordo una gioia in particolar­e – aggiunge Farina –, era tutta una atmosfera particolar­e, unica. Sento ancora forte la sensazione di felicità nel vedere quella squadra in testa alla classifica. Il nostro club non era di sicuro abituato a occupare certe posizioni, il Vicenza non era, che so, il Milan». E in quella stagione Rossi ripagò Giussy della fiducia che in lui aveva riposto tra lo scetticism­o generale: «Mi ha dato un sacco di soddisfazi­oni. Ogni gol di Paolo era una festa, e siccome è poi diventato, dopo il primato in B, anche capocannon­iere della Serie A, ne abbiamo fatto tante».

Lo sgarro alla Signora

Ma in ogni vicenda umana c’è sempre da fare i conti, e che conti, con altre severe prove. Come il ricorso alle buste chiuse per risolvere la comproprie­tà di Rossi con la Juventus, secondo le regole del tempo. «Se vuoi tenerti Rossi al Vicenza metti 2 miliardi e 600 milioni (di lire,

Boniperti non proporrà più di due e mezzo, vai sicuro»: è la soffiata che spinge verso la clamorosa cifra Farina, che si aggiudica Paolo. La Juve aveva scritto 875 milioni… L’Avvocato Agnelli aveva sconsiglia­to spese fuori ordinanza, con gli operai della Fiat in cassa integrazio­ne. «Io comunque non mi sono mai pentito di avere inserito quell’importo alle buste. Ero sicuro che Rossi fosse un grande campione e poi così è stato. Qualcuno ha messo in giro la voce che l’avere sfidato la Juve mi sia costata la retrocessi­one… Però la soddisfazi­one di averglielo portato via è tuttora impagabile». A costo di pagarla cara, Farina ha voluto continuare a giocarsela con il Vicenza assieme a Paolo. È stata un’intesa che è andata oltre i campi, le tribune degli stadi. Due anni fa Giussy e Rossi si sono visti per l’ultima volta. Paolo insisteva per inserire a tutti i costi un’intervista a Farina nel film che stava preparando sulla sua vita. L’incontro è avvenuto in una villa di famiglia, a Palù nella bassa veronese, che Rossi conosceva bene. All’inizio, sarebbe toccato a Federica, la moglie di Paolo, fare le domande, poi è stato lui stesso a farle per mettere più a suo agio Giussy. E’ iniziata una confusione tra allenatori, date, partite: tutti a farsi delle risate, con la tipica complicità dei vecchi compari. Ida rivela: «Era palpabile il grande e sincero affetto tra di loro. E’ quello che lega persone che hanno vissuto e condiviso momenti importanti della loro vita». E sì, Farina dipinge il suo Paolo con pochi tratti. «Umanamente era una persona fantastica ed era un piacere stare assieme a lui. Aveva una grande simpatia, sempre sorridente e positivo. E i rigori li buttava sempre dentro. Mi è sempre piaciuto perché era un ragazzo semplice, umile, con i piedi per terra e senza grilli per la testa». Giussy non si rassegna, piange e saluta così il suo Paolo per sempre, il settimo figlio.

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Paolo Rossi con la maglia del Vicenza, nella foto al centro con il presidente Giussy Farina e sotto ancora con lui nel giorno della presentazi­one al Milan nel 1985
ANSA Un legame fortissimo Paolo Rossi con la maglia del Vicenza, nella foto al centro con il presidente Giussy Farina e sotto ancora con lui nel giorno della presentazi­one al Milan nel 1985
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