Rosso: «Uomo dai valori incredibili»
lo ricorda Renzo Rosso (sopra con Baggio e Rossi) insieme al figlio Stefano, presidente del Vicenza, in cui Paolo Rossi dal novembre 2018 ha ricoperto il ruolo di brand ambassador e consigliere indipendente: «Tutti noi lo abbiamo conosciuto e tutti noi abbiamo potuto vedere la sua anima, la sua passione, la sua dignità e il suo avere sempre i piedi per terra. Mancherà molto, ci mancherà molto, in primis alla sua famiglia, a tutta la società LR Vicenza, al mondo sportivo, a tutti i tifosi e in particolare alla Curva Sud». aveva voluto sottolineare anche nell’ultima intervista alla “Gazzetta”, dedicata proprio a quella esperienza irripetibile: «Il periodo di Vicenza è stato il più felice della mia vita». E del resto, le imprese di Paolo Rossi col “Real Vicenza”, come venne ribattezzata la squadra costruita e diretta da G.B. Fabbri, sono rimaste scolpite nella storia del nostro calcio e nella memoria di chi ne è stato testimone: stagione 1977-78, secondo posto in campionato alle spalle della Juventus, tuttora il miglior risultato di una neopromossa (quel Vicenza veniva dalla B!) in Serie A, attacco più prolifico del campionato (50 gol), Rossi capocannoniere con 24 reti e conseguente passaporto azzurro per il Mondiale in Argentina, dove Paolo sarebbe diventato per sempre Pablito. Ma cos’aveva di speciale quella squadra? Semplice: giocava bene. Raccontava Fabbri che una domenica in spogliatoio (allora si poteva) arrivò il grande Gianni Brera: «Venne a congratularsi e fu un onore. Mi disse: “Non avrei mai creduto che una squadra di provincia giocasse al calcio come ha giocato il Vicenza”». A distanza di pochi anni dalla Lazio di Tommaso Maestrelli, il nostro movimento assisteva a un altro piccolo miracolo: fatto di agonismo e al contempo di immaginazione, di concretezza e di estro, di difensori che impostavano e segnavano e di “tuttocampisti” che anticipavano di quarant’anni modelli contemporanei. E, naturalmente, di un attaccante speciale, Rossi appunto, nato ala destra e che proprio Fabbri spostò al centro dell’attacco, un po’ per necessità - il titolare Vitali si era reso improvvisamente indisponibile - e molto per intuito. Prove generali nel vittorioso campionato di B ed esplosione definitiva l’anno successivo, quando al gruppo che aveva trionfato tra i cadetti si aggiunsero i polmoni di Mario Guidetti, un Marchisio ante litteram che oltre al dinamismo dava un prezioso contributo di gol (furono 6 in quella stagione). Un gruppo in cui la fantasia mancina di Franco Cerilli, il trequartista,
L’trovò l’ambiente giusto dove liberare il proprio talento. E poi i polmoni di Roberto Filippi, che con le sue sgroppate sulla fascia terremotava le difese avversarie, la sicurezza del libero Giorgio Carrera, che senza i tanti infortuni avrebbe sicuramente raccolto molte altre soddisfazioni, la sapienza del regista Giancarlo Salvi, il metronomo, l’esuberanza dei terzini Vito Callioni (3 gol) e Giuseppe Lelj, la tenacia dello stopper Valeriano Prestanti (3 reti pure per lui), la concretezza della mezzala Renato Faloppa (a segno 4 volte) e il rendimento costante del portiere Ernesto Galli, anche lui purtroppo scomparso di recente. Una cavalcata sorprendente, partita tra qualche titubanza (3 punti nelle prime 5 partite) e poi diventata quasi inarrestabile. Un’impresa che stupì il nostro calcio e piacque alla gente, tanto che quel Vicenza raccolse applausi ovunque, come per esempio accadde a Roma contro la Lazio e a Napoli, dove pure i padroni di casa vennero battuti rispettivamente per 3-1 e 4-1. E se di quella favola, Fabbri - premiato poi con il Seminatore d’Oro - fu lo scrittore-narratore, Rossi, con la freschezza dei suoi 21 anni e i lampi dei suoi gol, ne divenne il simbolo. Era nata una stella, che nel 1982 avrebbe abbagliato il mondo.