Il Genoa cambia
Ecosì una partita tutt’altro che memorabile diventa una notazione indelebile nello strano campionato 2020-21. Salta la seconda panchina dopo quella della Fiorentina, passata da Iachini a Prandelli. La tappa di Benevento è fatale a Rolando Maran, che si era salvato con il 2-2 infrasettimanale con il Milan: dopo essere sopravvissuto, però, probabilmente ci si aspettava la svolta in casa di una “concorrente” per la salvezza - ma se va avanti così non lo sarà a lungo, la squadra di Filippo Inzaghi -, svolta che proprio non si è vista. Il Genoa resta penultimo insieme al Torino, con la vittoria che manca ormai dalla prima giornata e ottenuta soltanto contro l’unica squadra che sta dietro, il Crotone. Il piatto piange.
I temi
Il capolinea, come spesso succede, è una fermata desolata e un po’ triste. La partita è infatti tecnicamente mediocre, come del resto ci si poteva aspettare quando ad affrontarsi sono due squadre con centrocampi più muscolari che fosforici (anzi, solo muscolari, in effetti): Hetemaj-Ionita-Improta da un parte, Sturaro-Lerager (con Ghiglione e Pjaca) dall’altra. Difficile vedere costruzioni da archistar. Ma se a Filippo Inzaghi poco si può imputare - con Viola ancora non prontissimo quelli sono gli uomini che ha, e comunque Pippo cerca qualità in zona più avanzata con Insigne e Caprari -, Maran avrebbe qualcosa in più su cui puntare: accanto a lui sedevano Zajc, Rovella, Melegoni. E se proprio
dovessimo allargare il discorso, continua a essere poco comprensibile la vicenda di Lasse Schone: un anno e mezzo fa il danese giocava una semifinale di Champions con l’Ajax, da un po’ di tempo è fuori rosa. Considerando quanta poca regia ci sia in questo Genoa - Sturaro deve battere i calci piazzati e non è un’eccellenza, Schone su punizione segnò un gol al Real Madrid al Bernabeu... - il paradosso è abbastanza evidente.
Bivio
La partita di Benevento, alla fine, non ha un capo di imputazione particolare. Anzi, è stata a lungo in equilibrio e avrebbe potuto prendere un’altra via a un paio di bivi. Il Genoa, delle
due, è la prima ad avere l’occasione più grande per andare in vantaggio: appena oltre la mezzora del primo tempo, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Montipò ha disinnescato una girata al volo di Shomurodov, negando al Grifone il vantaggio. Ma è anche vero che sul finire del primo tempo è stato l’arbitro Giua a negare al Bennevento un rigore su Caprari per intervento abbastanza netto di Lerager che sceglie malissimo tipo e tempo di intervento (ma Caprari è sfortunato con gli arbitri: a Verona altro penalty dubbio negato, lì fu espulso).
Limiti
La qualità del gioco è stata mediocre da entrambe le parti. Forse la differenza sta nel fatto che il Benevento ha compreso i propri limiti e conoscendoli si spinge sempre fin dove può e riesce. Inzaghi sa bene che è difficile costruire con Ionita nella posizione di play - ma con funzioni di guardia -, con Hetemaj mezzala di fatica e con l’adattato Improta, un attaccante, che in possesso va praticamente a formare un 3-1 con i due fantasisti e Lapadula. Ma proprio perché la tecnica non è altissima, non si risparmia nulla sull’agonismo, sull’aggressione, sulla corsa. Da un’aggressione alta nasce infatti il gol che cambia il destino di Maran: palla persa da Czyborra, verticalizzazione indecente e di qualità di Hetemaj, buco di Masiello e via libera a Insigne con il sinistro a giro. È stato il secondo tiro in porta del Benevento dopo un sinistro senza pretese di Letizia nel primo tempo, il terzo arriva a ridosso del 90’ con il calcio di rigore conquistato e trasformato da Sau. Poco, sì, ma il Genoa ha prodotto ancora meno.
Variazioni
Dopo l’occasione di Shomurodov, infatti, il Grifone non si è più avvicinato alla porta avversaria fino a quando Zappacosta ha inquadrato lo specchio da 35 metri, ma troppo facile per Montipò. Maran ha provato a cambiare il proprio destino: incassato lo zero da Destro molto deludente dopo la doppietta al Milan -, ha provato con Pandev e poi con Scamacca (troppo tardi?), ai quali si è unito Pjaca stretto in trequarti. Ma questo Genoa ha problemi nel motore. E anche nell’autostima. Pippo invece si gode i 15 punti in classifica, a +8 sulla zona a rischio.