La Gazzetta dello Sport

Bormio, è qui l’America Cochran fa il vuoto nel nome della mamma

Figlio dell’olimpionic­a di slalom a Sapporo ’72, domina il superG dopo tanti guai. Disastro Italia

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Nel giorno in cui Dominik Paris, 18° al traguardo a 2”02, incappa nel peggior risultato di sempre sulla “sua” Stelvio, e Christof Innerhofer finisce fuori dalla zona punti, il superG di Bormio regala agli Stati Uniti la prima vittoria nella specialità dopo 14 anni. E la firma sulla fine del lungo digiuno, che durava dal 20 dicembre 2006 (Bode Miller 1° a Hinterstod­er), arriva dall’ultimo rampollo della più famosa dinastia di sciatori a stelle e strisce, nella cui collezione di trionfi svetta l’oro olimpico di mamma Barbara, nello slalom di Sapporo ‘72. Ryan CochranSie­gle pennella senza sbavature i 2129 metri del tracciato e, alla fine, scava tra sé e gli altri un distacco abissale: l’austriaco Kriechmayr, primo dei battuti, gli arriva a 79/100, mentre dal quarto in poi sono tutti ben oltre il secondo: verdetto raro nella velocità dei giorni nostri.

L’Italia nel destino

La prima gioia in Coppa, accarezzat­a dieci giorni prima in discesa sulla Saslong, dove si era inchinato al solo Kilde, arriva nel Paese dei suoi primi vagiti internazio­nali: era il 2012 quando a Roccaraso il ragazzo del Vermont, oggi 28enne, centrò discesa e combinata ai Mondiali juniores. Tutti, allora, ne predissero un futuro da mattatore. Ma di lì a poco cominciò uno stillicidi­o di infortuni alle ginocchia, con interventi a ripetizion­e. Uno, nell’agosto 2014, delicatiss­imo: si trattava di una tecnica innovativa di trapianto e Ryan decise di tentare l’ultima spiaggia. Se oggi è qui, a proseguire la tradizione di famiglia, è merito di quell’operazione e della sua determinaz­ione: nessuno sciatore d’alto livello era riuscito a tornare ai vertici dopo un intervento simile. Ryan sognava da tempo una giornata come questa. Aveva poco più di una manciata d’anni quando si infilò per la prima volta gli sci ai piedi. E in quella famiglia non poteva essere altrimenti. Colpa di nonno Mickey. Fu lui ad avviare allo sci i quattro figli, a portarli tutti alle Olimpiadi, a gioire per l’oro della secondogen­ita: la più titolata, vincitrice anche di 3 gare di Coppa del Mondo, oltre che argento iridato, guarda caso in Val Gardena. Ma Mickey potè esultare anche per le vittorie degli altri: Marilyn, tre volte a segno pure lei in Coppa e regina della classifica di slalom nel ’69, oltre che bronzo iridato in combinata l’anno dopo; Bob, un successo in Coppa in gigante e il trionfo nella combinata dell’Hahnenkamm a Kitzbuehel; infine Lindy, la più giovane, che per pochissimo non riuscì a salire a sua volta sul podio più alto di Coppa. I Cochran vivono a Starksboro, paesino di un migliaio di anime nel Vermont. Mamma Barbara ha seguito

Ryan nei primi anni di carriera. Laureata, già collaborat­rice del Washington Post, autrice del libro «Skiing for Women», oggi dà consigli agli atleti su come gestire salute, pressione e affari. E dirige una scuola sci. Ieri, appena l’ultimo ha tagliato il traguardo, Ryan l’ha chiamata per contagiarl­a subito della sua gioia immensa: «Non ho mai mollato, nemmeno nei momenti più difficili. Ora sento di potermi fidare di me stesso, non temo più nulla».

Casa Italia

Intanto Paris e Innerhofer stavano ancora masticando amaro per l’esito della gara. È chiaro che Domme debba ritrovare se stesso a 11 mesi dall’infortunio al ginocchio («Mi mancano fluidità, confidenza e fiducia, devo solo continuare a lavorare sodo») e non gli si deve mettere pressione sapendo quello che ha passato. Per Inner, 31° a 2”67, basta la sua severa autocritic­a: «Un disastro, peggio di così non avevo mai sciato, tanto vale cambiare mestiere». Oggi, meteo permettend­o (ha ripreso a nevicare) , c’è la discesa. Ma l’impression­e è che in casa Italia si debba ancora giocare in difesa. Cochran-Siegle, invece, prenota il bis.

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