Sto imparando a essere più cattivo come chiede Conte Vinciamole tutte Bello il paragone con Samuel
«IO IL NUOVO SAMUEL? SÌ E GRAZIE A CONTE DIVENTO PIÙ CATTIV0... LUKAKU È UNA FORZA INTER, RESTIAMO LASSÙ»
Romelu vale i centravanti top del mondo: con lui meglio evitare il contatto fisico...
Per essere un muro, pensa abbastanza: «Forse ragiono troppo...», ammette Stefan de Vrij, cattedratico della difesa di Antonio Conte. Guida il reparto chiave di questa rinascita senza mai scomporsi troppo: non a caso da quando l’Inter si è blindata dietro, la classifica ha iniziato a sorridere. Tanto riflessivo fuori e dentro al campo, sembra anni luce distante dal più ruvido Walter Samuel, il Muro originale dei sogni nerazzurri. Eppure c’è una linea che li unisce e oggi come allora può condurre allo scudetto.
►De Vrij, le piace essere considerato un nuovo “The Wall”?
«Sì, mi piace. Non avevo un soprannome prima in Olanda... Tra l’altro, quando sono arrivato a Milano, nel mio video di presentazione costruivo un muro. Ho avuto la fortuna di parlare con Samuel un paio di volte per qualche evento: è una brava persona e un difensore fortissimo».
►A inizio stagione il muro non era altissimo: troppi gol presi. L’avete corretto solo cambiando modulo o è scattato qualcosa nella testa? «Entrambe le cose. Si vede che in campo siamo diventati compatti come squadra e questo rende più facile tutta la fase difensiva. Facciamo molta meno fatica per difendere e quindi subiamo molto meno».
► Skriniar-De Vrij-Bastoni è ormai una cosa sola: è lei che aiuta gli altri a giocare a tre? «Io aiuto loro, ma anche loro aiutano molto me... Siamo un reparto unito e affiatato: ci troviamo bene anche fuori dal campo e questo aiuta. In questo modulo si difende in una maniera differente, con altri concetti, che ormai abbiamo chiari in testa».
►Volete essere la SDB, la risposta alla BBC juventina? «Sarebbe “SVB”, visto che il “de” del mio cognome è solo un articolo. In realtà, queste sigle sono lontane da noi, non ci influenzano. Noi tre non dobbiamo guardare troppo agli altri, pensiamo solo al nostro. E cerchiamo di essere la versione migliore di noi stessi: questo ci chiede il nostro allenatore».
►A Verona ha fatto 100 presenze in nerazzurro. La più bella e la più dolorosa?
«La gioia più grande il derby vinto in rimonta, quello del 4-2, in cui ho segnato dopo aver fatto gol anche l’anno prima: un’emozione incredibile. La ferita è la finale di Europa League persa col Siviglia: a volte ci ripenso, ma subito dopo penso anche che non ha senso tornare là con la testa. Ciò che è stato è stato e dalle sconfitte si può solo imparare».
►E cosa avete imparato dall’eliminazione in Champions? «Qualcosa in Europa è evidentemente mancato, in tutto il percorso non è bastato ciò che abbiamo fatto in campo. Abbiamo lasciato qualcosa per strada, per esempio il non aver segnato contro lo Shakhtar. Ma anche in questo caso è inutile tornarci troppo su».
►Ma non è che l’Inter è troppo italiana e poco europea? «No! Stavolta è andata male, ma non perché ci manchi qualcosa per giocare la Champions. L’approccio nostro è uguale indipendentemente dalle competizioni. Avremmo voluto proseguire in Europa, ma ora cercheremo di fare bene in Coppa e campionato: il fatto di poterci concentrare solo su questo può diventare un vantaggio, ma dipenderà solo e soltanto da noi».
3Lei la parola “scudetto” la pronuncia o si morde la lingua come Conte?
«Tutte le parole sono ammesse nel mio vocabolario, anche “scudetto” (ride, ndr). Ma come è inutile guardare troppo al passato, è inutile anche guardare troppo in avanti. Ora siamo lassù e lassù vogliamo arrivare alla fine. Come riuscirci? Vincendo ogni partita, a cominciare dalla prossima».
3In cosa è diverso Conte dagli allenatori avuti finora?
«La bellezza della vita e del calcio è che ognuno è diverso: io ho imparato da tutti i miei tecnici. Conte è un vincente, riversa sulla squadra la sua stessa voglia e cerca di sfruttare tutto il potenziale che ognuno di noi ha dentro. Batte su quello, trasmette passione e