L’ipotesi suggestiva: una donna n°1 in Figc
Ihave a dream: una donna presidente della Federcalcio. È quanto ci vorrebbe per uscire da un periodo di stagnazione, anzi di vera e propria recessione, iniziato ben prima dello scoppio della pandemia, e che ha visto il calcio italiano - nel decennio peggiore di sempre - perdere posizioni in Europa e nel mondo: neppure un trofeo internazionale vinto, la Nazionale a picco negli ultimi tre Mondiali e una situazione economico-finanziaria che ha retrocesso la Serie A a livello della Ligue 1 francese.
Una donna presidente della Federcalcio per spezzare finalmente il cerchio della nomenklatura che si ripropone da vent’anni con gli stessi nomi e le stesse facce, in un’infinita staffetta che vede sempre l’ultimo frazionista ripassare il testimone al primo.
Altro che “a volte ritornano”: ritornano sempre. Ultima parabola: Tavecchio rispuntato per ricominciare da capo, da presidente del Comitato lombardo della Lega Dilettanti.
Una donna presidente della Federcalcio per stare al passo con i tempi. Anzi, per una volta per stare un passo davanti a tutti, per arrivare prima degli altri. Le candidate non mancano. Ce ne sono almeno
tre che avrebbero i titoli per farlo subito.
L’ipotesi più suggestiva: Sara Gama, capitana della Nazionale e della Juventus, padre congolese e madre
triestina, laureata in lingue e letterature straniere, inserita dal Corriere della Sera fra le 104 donne dell’anno, le più influenti nel mondo, una fresca nomina a vice presidente dell’Associazione
italiana calciatori, a conferma dell’interesse a occuparsi dei temi di politica sportiva, sì certo, calciatrice ancora in attività, ma quanti presidenti federali non sono stati imprenditori in attività, banchieri in attività, proprietari di società di calcio in attività...
L’ipotesi più meritocratica: Milena Bertolini, ct della Nazionale dal 2017, capace di incollare davanti ai teleschermi più di 7 milioni di italiani per una partita di calcio femminile, l’allenatrice che ha portato le azzurre ai quarti di finale di un campionato del mondo pur partendo da una base di circa 25.000 tesserate, oggi un po’ di più grazie ai suoi successi, rispetto alle oltre 200.000 della Germania, alle 180.000 della Svezia, alle 100.000 di Francia e Inghilterra, ma anche donna attenta alle problematiche sociali, affrontate fra l’altro direttamente con gli incarichi di assessore allo Sport del Comune di Correggio e di Consigliere della Provincia di Reggio Emilia.
L’ipotesi più sicura: Evelina Christillin, manager di statura internazionale, una carriera dirigenziale di successo, presidente della Fondazione del Museo egizio di Torino, città che ha contribuito a trasformare conquistando e contribuendo a preparare le Olimpiadi del 2006, ma soprattutto attuale membro del Comitato esecutivo della Fifa, carica cui è stata eletta nel 2016 dal congresso dell’Uefa, a testimonianza della competenza in materia e di un peso politico già consolidato.
Una donna presidente della Federcalcio sarebbe, come tutte le donne, capace di affrontare più di un problema alla volta. Non si adagerebbe sulla gestione di un’emergenza, quella del coronavirus, che poi è stata affrontata in modo più o meno uguale ovunque nel mondo. Se volesse fare una riforma dei campionati, direbbe subito come, non rinvierebbe l’illustrazione delle sue idee a dopo le elezioni per paura di perdere consensi e voti.
Una donna presidente della Federcalcio oggi è solo un sogno, in un Paese dove i Consiglieri d’amministrazione donna sono il 25% del totale e il 14% nel calcio,
un terzo delle quali legate da rapporti di parentela con i proprietari. Una donna presidente della Federcalcio forse è un gol impossibile.