La Gazzetta dello Sport

Chiesa può diventare il futuro per la Juventus nel dopo-Ronaldo

- di Alessandro de Calò

Forse Federico Chiesa è riuscito a riprenders­i in mano il suo tempo, a correre in sintonia con gli anni che scappano, verso quel futuro che tutti ci aspettavam­o da lui. Era diventato un po’ fumoso, ultimament­e. Sembrava che il suo talento si fosse avvitato attorno a un calcio incompiuto, qualche volta capriccios­o, chiuso in un crampo come il pugno di una mano. E questo profilo è riapparso come un fantasma per qualche lungo attimo anche l’altra sera, nel vuoto gelido di San Siro. Erano solo i primi minuti della sfida col Milan e il modo in cui Theo Hernandez l’aveva fatto volare nei primi impatti molto fisici pareva riportarlo indietro nel suo labirinto. Il duello prometteva di essere impari, troppo sbilanciat­o. Difatti lo è stato. Una liberazion­e. Umiliando il rossonero, che resta uno dei laterali mancini più forti del mondo, Chiesa ha ridotto gli altri protagonis­ti del match più importante di questo campionato a semplici comprimari. Anche Cristiano Ronaldo, una comparsa, è rimasto travolto dalla personalit­à del ventitreen­ne attaccante che la Juve ha prelevato, tre mesi fa, dalla Fiorentina. C’era la sensazione di un passaggio di consegne. Roba di pelle, un brivido superficia­le, molto affrettato. Siamo lontanissi­mi da quello che un giorno potrebbe compiersi, però una briciola di sospetto rimane. Qualcosa di simbolico. Può essere Chiesa il futuro per la Juve nel dopo Ronaldo? La suggestion­e è forte. Credo che non dobbiamo fare l’errore di paragonare Federico a Cristiano – un confronto improponib­ile – ma di pensare a quanto Chiesa possa diventare funzionale, dunque importante e decisivo, nel futuro della Juve. Bisognerà riempire un vuoto. E qui il match resta aperto. La chiave sta tutta nella crescita, nell’ultimo salto in alto che Fede deve fare per mettersi in pace col diagramma del suo talento. Ha frequentat­o buone scuole, finora. Il padre Enrico incarna la prima figura del maestro. Chiesa senior, che oggi ha cinquant’anni, è stato uno degli attaccanti italiani più forti della sua generazion­e, ricca di punte straordina­rie. Segnava almeno un gol ogni tre partite (questa è la sua media in Nazionale) e nelle stagioni felici faceva anche meglio (22 reti in 27 match nella Samp del ’96, un anno prima che nascesse Federico), per non dire della Fiorentina (34 in 59 presenze, a cavallo del secolo). A differenza di Paolo Maldini, nato dopo che il padre Cesare aveva smesso di giocare, Federico ha potuto vedere in azione il papà, anche da raccattapa­lle a bordocampo. È cresciuto respirando il suo calcio e lavorando sul Dna per arrivare a fare quello che abbiamo davanti agli occhi: il modo di correre e caricare il piede per battere a rete sembra un tratto indelebile dello stemma di famiglia. Lungo la strada, Federico Chiesa ha seguito le lezioni di Kurt Hamrin, Paulo Sousa, Stefano Pioli, Roberto Mancini. Adesso ha la possibilit­à di frequentar­e il Master di casa Juve, allenandos­i sotto gli occhi di Pirlo con Ronaldo e Dybala. È come stare nello studio di Renzo Piano e vederlo disegnare dal vivo il Beaubourg o il nuovo ponte di Genova. Non si è mai capito fino in fondo quanto la presenza di Maradona nel Napoli avesse influenzat­o il giovane Zola e lo stesso vale per Del Piero con Baggio nella Juve, Messi con Ronaldinho nel Barça. Ci resta in mano questo filo rosso e la speranza che Chiesa esca con la laurea dal Master bianconero. Non vale solo per la Juve, ma anche per la Nazionale che è di tutti.

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Con CR7 Federico Chiesa, 23 anni, alla 1a stagione nella Juve, con Ronaldo, 35
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