VERSO LA NUOVA STRETTA: SI TRATTA SULLE REGOLE IL CASO “PIANO PANDEMICO” «SCEGLIERE CHI CURARE»
Le Regioni: no all’automatismo per aumentare le “zone rosse” Indicate le norme se ci sono poche risorse: la bozza fa discutere Vaccini, ecco le dosi di Moderna: «Anche agli over 80 e ai prof»
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Altre restrizioni nel provvedimento che regolerà le prime settimane del 2021. Tutto è suscettibile di modifica, fino a giovedì, ma le linee guida sembrano definite. Il governo entro il 15 varerà un Dpcm (da 30 o 45 giorni), forse anche un decreto legge, con nuove misure. Si punta su ulteriori restrizioni, limitazioni agli spostamenti e a scongiurare ogni rischio di assembramenti. Per questo, sono stati inaspriti i criteri per la classificazione in rosso, arancione e giallo. Tutto passa dall’R con T, l’indice di contagio. Basterà che sia oltre 1 (al momento la media è 1,03) per ritrovarsi in “zona arancione” (prima la soglia era 1,25). Con l’1,25, invece, si finisce in “rosso” (rispetto a 1,5). Questo criterio restrittivo è già stato approvato dagli enti locali, che invece - nella riunione di ieri con governo ed esperti - hanno respinto la proposta dell’Iss e del Cts. Non scatterà l’automatismo per mettere un territorio in “rosso” con 250 casi settimanali su 100 mila abitanti. «Pensiamo però di intervenire anche sugli indici di rischio, per facilitare gli ingressi in “arancione”», ha aggiunto il ministro della Salute, Roberto Speranza.
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Resta il “coprifuoco”. Dopo il vertice di ieri, pare confermato lo stop dalle 22 alle 5 e rimane il divieto di spostamento tra le Regioni, anche se in “giallo” (tranne motivi di lavoro, salute e urgenza). Visite ad amici e parenti solo una volta al giorno, al massimo in due (assieme agli under 14 o a persone disabili). Confermata la chiusura di palestre e piscine, cinema e teatri, con lo stato di emergenza sanitaria che dovrebbe essere prolungato fino al 30 aprile. Ancora in bilico l’ipotesi che tutta l’Italia diventi “arancione” nei weekend. La novità più significativa, sempre per impedire incontri e assembramenti fuori dai locali, è il divieto di asporto per i bar, con il servizio che si chiuderà alle ore 18. Una norma anti-aperitivi, com’è stata definita, che già trova le critiche delle Regioni. E ieri, da Trento a Bari, gestori dei bar in piazza per chiedere aiuto: «Fateci riaprire, oppure falliremo». Il micome nistro degli Affari Regionali, Francesco Boccia, già assicura che «tutte le attività chiuse verranno ristorate». E i gestori degli impianti sciistici, che non riapriranno neppure dal 18, gennaio, quantificano il danno in «500 milioni di euro».
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Il governo vuole istituire anche le “zone bianche”. Si tratta di territori “liberi”, che potrebbero veder riaprire attività chiuse da mesi. Per essere classificate in “bianco”, però, le Regioni dovranno aver un indice R con T sotto 0,5, ad ora lontanissimo ovunque. Chi sta registrando un peggioramento è la Lombardia, per ammissione dello stesso governatore, che teme un ulteriore giro di vite. «Purtroppo stiamo peggiorando in tutti i parametri e ci stiamo sicuramente avvicinando alla “zona rossa”» ha detto ieri il presidente Attilio Fontana. E proprio in Lombardia c’è il caso di Mantova, che adesso registra un’impennata dei casi, con Sondrio, Como e Varese. Meno colpito, invece, il territorio di Bergamo. Le zone “risparmiate” dall’ondata di marzo e aprile sembrano più colpite adesso, se altrove si fosse già raggiunta una sorta di “immunità”. La Lombardia è in “arancione” da ieri, con Veneto, Emilia Romagna, Calabria e Sicilia. E ora la stessa Lombardia, Friuli Venezia Giulia e Calabria invocano «un’Italia tutta in arancione».
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La curva sta risalendo. Dipende dalla variante inglese? È colpa dei comportamenti delle feste, di qualche concessione allo shopping e agli incontri allargati, anche in ambito familiari? Difficile stabilirlo già adesso. «Senza le misure di Natale avremmo altri numeri», ha sottolineato ieri il ministro Speranza. È preoccupato anche il premier Giuseppe Conte: «Sta arrivando un’impennata dei contagi. Non sarà facile, dobbiamo fare ancora dei sacrifici», ha spiegato. Ieri registrati altri 12.532 nuovi positivi su 91.656 tamponi processati, con una percentuali di casi sui test del 13,6% (domenica era al 13,3%). Altri 448 decessi, mentre tornano a salire i ricoverati: 27 posti in più nelle terapie intensive (con 168 nuovi ingressi, totale di 2.642 pazienti gravi) e altri 176 nei reparti ordinari.
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Il piano delle vaccinazioni, intanto, va avanti.
Ieri sera erano 705 mila. Il ritmo sale, ma gli infermieri protestano per i numeri esigui e i nuovi assunti non ancora in servizio. Due giorni fa, l’allarme della Campania: dosi finite, tutte utilizzate. Da lì, il dibattito: meglio vaccinare più gente possibile, oppure tenere i vaccini necessari per la seconda somministrazione? L’Aifa ha fissato in tre settimane il tempo giusto che deve intercorrere tra le due dosi. Sulla questione è tornata ieri la sottosegretaria alla Salute, Sandra Zampa, ipotizzando che le dosi possano essere «utilizzate subito per vaccinare più persone», senza riservarle al richiamo. E oggi arriva in Italia il terzo carico di vaccini Pfizer (470 mila dosi). E sempre oggi saranno a Roma anche le prime 47 mila dosi del vaccino di Moderna, approvato dall’Ema il 6 gennaio (poi quasi mezzo milione di dosi in due mesi). Da ogni flaconcino di Moderna «possono essere prelevate 10 dosi», secondo l’indicazione dell’Aifa. E si sta valutando la possibilità di indicare ulteriori categorie per questa prima fase: potrebbero
partire, già in questi giorni, le vaccinazioni degli anziani over 80. A seguire potrebbero esserci gli insegnanti. Ma nonostante la somministrazione di vaccini, secondo l’Oms, nel 2021 non si raggiungerà l’immunità di gregge. Intanto fa discutere la bozza del Piano pandemico nazionale 2021-2023: scegliere chi curare prima, in caso di scarse risorse, privilegiando i pazienti che potranno trarre maggiori benefici nelle terapie, si legge nel testo. Pur senza violare «gli standard dell’etica e della deontologia» E per Italia Viva diventa il pretesto per attaccare il premier Conte: «Se ci sono poche risorse, prendiamo il Mes». È solo una bozza, è la replica. Il piano prevede misure in caso di nuove pandemie (per esempio, possibilità di realizzare in tempi brevi nuovi posti letto in terapia intensiva), dopo le polemiche sul mancato aggiornamento del piano precedente. E proprio su questo, la procura di Bergamo ha già convocato i vertici del ministero della Salute.