La scuola protesta in piazza Bocciata la didattica online Azzolina: «Non funziona più»
Sit-in e “pc spenti” in tutto il Paese La ministra contro gli enti locali Trasporti e tutor, la Toscana emerge
Un giorno di protesta, di dubbi e problemi irrisolti. Un lunedì senza studenti delle superiori in classe in tutte le Regioni, a parte Abruzzo, Toscana, Valle d’Aosta e Trentino Alto-Adige e coinciso con l’ammissione della ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: «La didattica a distanza non funziona più. Nelle Regioni a fascia gialla tutto è aperto tranne la scuola superiore e questo creerà profonde cicatrici. I ragazzi hanno bisogno di sfogare la loro socialità». In diverse piazze, da Nord a Sud, i ragazzi hanno scioperato, definendo la dad - come nel caso degli studenti di Milano, davanti a Palazzo Lombardia - «alienante e metodo educativo non efficace». Cinque i punti fondamentali delle richieste degli studenti: fine della dad, presidi medici in ogni istituto, potenziamento del trasporto pubblico, protocolli chiari e più personale scolastico. «A un anno dall’inizio della pandemia chiediamo un rientro serio, non come quello di settembre - hanno spiegato -: la scuola deve avere la priorità». E anche a Roma, davanti al ministero, si sono dati appuntamento i ragazzi dei licei romani e laziali, manifestando e reclamando «il nostro diritto all’istruzione, che non può avvenire se non in classe».
Conta la curva
Un ricorrente e aspro confronto, quella tra Azzolina e alcuni presidenti di Regione, decisi quasi all’unanimità ad attendere l’evoluzione della curva epidemiologica e a far tornare i ragazzi in aula il 18 o il 25 gennaio. Un “asse della responsabilità” Pd-governatori, che vede nel segretario dem Nicola Zingaretti la figura più rappresentativa, si è formato negli ultimi giorni a sostegno di una posizione ferma: «Tutti vogliono che la scuola riapra, non ci si divida su questo - ha scritto il presidente del Lazio -. I membri del governo che intervengono senza offrire soluzioni danneggiano in primo luogo l’esecutivo. Sia chiaro che l’apertura delle scuole porterà a un aumento della curva, molte aree torneranno in zona rossa». Eppure, nel contesto di chiara difficoltà del momento, spicca lo scatto in controtendenza (per evidenti meriti) della Toscana, unica tra le grandi Regioni a registrare bassa criticità pandemica e a riaprire ieri agli studenti al 50% in presenza. Un modello di efficienza costruito sul rafforzamento dei trasporti (4 milioni di euro spesi per 329 autobus aggiuntivi) e sull’introduzione di steward per accompagnare i ragazzi nel percorso che li conduce a scuola. Per evitare gli assembramenti alle fermate dei bus, lo staff del governatore Eugenio Giani ha selezionato tutor, tra dipendenti di cooperative, guardie giurate e volontari, che invitano i ragazzi a stare distanziati e ad indossare le mascherine. E oltre al piano “Ti accompagno”, la Regione ha avviato lo screening a scuola e scaglionato gli ingressi. Ecco perché, in un panorama in cui quasi tutte le Regioni (emblematici i casi di Basilicata, Calabria, Friuli, Marche, Sardegna, Sicilia e Veneto) hanno stabilito che la dad proseguirà per tutto gennaio, il sistema toscano diventa un esempio. Nel frattempo, il sindacato della scuola Anief fa riflettere con un dato: «Sul 100% di studenti, da un anno a 18 di età, che hanno avuto un contagio - sono 200 mila in Italia - il 60% ha riguardato il primo ciclo di istruzione, dalla scuola dell’infanzia alla media, quindi le scuole che stiamo aprendo ora». E si accende una spia legata ai buchi d’apprendimento del 30-50% per gli studenti costretti a lockdown e lezioni online: è il risultato di studi internazionali svolti in Olanda, Francia e Usa e che riguardano, purtroppo, anche i ragazzi italiani.
C’è un black out della socialità, i ragazzi sono arrabbiati, disorientati e questo mi preoccupa anche per il deflagrare della dispersione scolastica