INTER-JUVE SFIDA TOTALE
Il duello Conte-Pirlo e le strategie dei club: i nerazzurri risaliti dal -21 del 2019 Agnelli punta sul mix big-giovani: visite ok per Rovella e si tratta Scamacca
Sfida scudetto tra tecnici con un forte legame Il nerazzurro ha indicato la via della panchina al bianconero, decisivo nei suoi primi titoli Li lega il 3-5-2, li separa la ricerca della qualità
Ttra i due, il Maestro è Antonio Conte e su questo non ci piove. Per ammissione dell’allievo, Andrea Pirlo: «Se sono diventato allenatore è perché ho visto e ascoltato Antonio». Per indole, era più logico immaginarsi Pirlo con un calice del suo vino in pugno, ritirato nelle colline bresciane e magari opinionista senza giacca. Invece Conte gli ha trasmesso il sacro fuoco e spalancato una nuova vita. Un modo anche per ricambiare, perché senza Pirlo non sarebbe nata la Juve contiana dei tre scudetti. Mondi agli antipodi. Andrea con outfit e contegno inglese, assiste al match per lo più in un silenzio da teatro. Domenica Antonio, con foga da rave party, potrebbe zompargli nell’area tecnica come ha fatto Inzaghi a Benevento. Un uomo del Sud e uno del Nord. Nella finale di Manchester 2003, Antonio colpì la traversa di testa e smoccolò in mondovisione, Andrea guidò il Milan e sollevò la Champions. Quindici anni di gavetta Conte, lo scudetto sulla giacca al debutto Pirlo. Amici, per la prima volta nemici da allenatori. A San Siro. Inter-Juve sarà anche la loro partita.
Pedine e giocatori
Conte prese una Juve al settimo posto che schierava in attacco Vucinic e Matri. Pirlo è partito da una Juve che ha 9 scudetti in pancia e di punta Dybala, Morata e CR7. Non significa che Andrea parta così avvantaggiato. La fame, per esempio, ai Giaccherini Boys veniva naturale. Andrea invece ogni tanto deve evocarla perché i suoi si rilassano troppo. Conte partì dal caro 4-2-4, ma cambiò in fretta perché Pirlo aveva bisogno di più protezione e, soprattutto, era uno spreco tenere fuori o in fascia Vidal. Passando dal 4-3-3, arrivò al 3-5-2 che presentò a Napoli a fine novembre. La velocità d’insegnamento, che avrebbe confermato in Nazionale e al Chelsea, è il suo vero talento. Pirlo ha seguito una rotta simile. A Roma (2a giornata) presentò McKennie e Rabiot a sostegno di un attacco ipertrofico e soffrì le ripartenze di Fonseca. Di fatto Andrea è ancora in cantiere, a centrocampo le scelte e i meccanismi non sono ancora definitivi, ma ultimamente ha guadagnato un buon equilibrio. Curiosamente Conte e Pirlo, partiti da diverse ipotesi di lavoro, sono approdati alla stessa forma: il 3-5-2 e domenica si specchieranno. Ma, attenzione: sotto la forma fermentano pensieri diversi. Antonio ha provato a innestare il trequartista Eriksen per alzare la qualità del gioco, non c’è riuscito ed è rinculato all’ortodossia del 3-5-2. Perché non lo vede mezzala? Perché il modulo prevede interni che si inseriscano senza palla e il danese non lo fa. Questa è la prima grande differenza tra i due. Per Conte il giocatore è una pedina che deve rispondere alle esigenze del ruolo. Pirlo invece adegua il ruolo alle caratteristiche del giocatore. Come Mancini. Verratti sa costruire e portare palla e non si butta negli spazi? Fa la mezzala lo stesso anche se il play è Jorginho. Giocano i più bravi. Prima l’uomo, poi lo schema. Con Pirlo, Eriksen avrebbe fatto la mezzala. Anche la forma dell’offensiva è apparentemente simile: due esterni larghi, due punte e
Ho pensato di allenare grazie a Conte...
Febbraio 2020 Così Andrea Pirlo il 6 febbraio scorso in una intervista alla Gazzetta alla vigilia del derby di Milano
Conte è maniacale sulla tattica e in panchina dirige tutto, dal pressing alle giocate
Pirlo mi dava sempre solo un consiglio: andare, inserirmi, che la palla mi arrivava
poi un interno incursore. Aggressione dell’area in 5, impostazione a 3 e difesa a 4 o 5. Ma anche qui c’è una grande differenza. Le linee di gioco di Conte sono più rigide e riconoscibili: la palla esce dalla difesa, va in fascia, poi alle punte che la giocano tra loro o allargano di nuovo. Lukaku e Lautaro hanno movimenti codificati: uno viene incontro, l’altro sta alla spalle e attacca la profondità. Pirlo tiene fermi i principi, ma cerca imprevedibilità. A Parma, l’esterno Kulusevski entrava in campo, come Cuadrado, e si sovrapponeva largo McKennie. Gli esterni di Conte andranno sempre dritti. A Genova, Dybala si scambiava il posto con McKennie. Tutto più liquido. Negli ultimi 30 metri, Pirlo chiede alle punte di scatenare l’istinto.
Il mediano e il 10
Più in generale. Conte e Pirlo riflettono le rispettive carriere. Nonostante la maschera aggressiva, l’anima dell’allenatore Conte è difensiva, come confermato dai discussi cambi di Roma. La squadra più sua è stata la prima Juve della BBC, imbattuta con soli 20 gol al passivo, senza troppe stelle e con tanti bravi soldati. L’ex numero 10 Pirlo, anche se per ora meno attrezzato professionalmente, mira a un calcio più visionario. Ha imparato da Guardiola a spostare le funzioni in campo e a tenere sempre due esterni offensivi. Difficilmente schiererà un Darmian. Lavora per avere un pressing più aggressivo, alla Nagelsmann, nonostante CR7 e Dybala, senza palla, non offrano la disponibilità della Lu-La. Cerca un calcio che gli dia in Europa le soddisfazioni vissute col Milan. Non è un caso che Conte sia stato respinto dalla Champions ancora una volta. Ma per ora l’orizzonte è San Siro. Andrea, che per la prima volta ha messo in fila 3 vittorie, lotta contro l’emergenza per proseguire la scalata: ha perso Dybala, oltre a De Ligt, Cuadrado e Alex Sandro. In dubbio McKennie e Chiesa L’emergenza di Antonio sono i -3 dal Milan e l’unico punto raccolto nelle ultime due partite. L’Inter, uscita da due coppe in un colpo solo e inquietata dalle ipotesi economiche che circondano la proprietà, ha bisogno come il pane di una vittoria importante per rilanciare umore e stagione. Stesso sogno, per gli amici Antonio e Andrea: una notte da Maestro alla Scala.