La Gazzetta dello Sport

Museo Pantani La bici vincente è tornata a casa

PANTANI-DAY QUESTA BICI HA PIEGATO ARMSTRONG: ORA È A CASA Il Pirata avrebbe compiuto ieri 51 anni. La Bianchi del Tour 2000, comprata all’asta per 66mila euro, è stata portata al Museo di Cesenatico dal c.t. Cassani e dall’imprendito­re Pesenti

- di Ceniti

(Marco Pantani a Courchevel al Tour 2000, la sua ultima vittoria)

Èuno di quei giorni che ti prende la malinconia... E invece no. Sarà stato il sole caldo che non sembrava inverno, saranno stati i gabbiani che facevano la spola dal mare intonando forte il loro saluto, sarà stata la gente che si è fermata per rendere omaggio al proprio campione, saranno stati i 33 prodi armati di tanta speranza e capitanati dal c.t. Davide Cassani e dall’imprendito­re Carlo Pesenti, sarà stato tutto questo e molto altro ancora, ma ieri mattina la malinconia non si è affacciata dalle parti di Cesenatico, nel piazzale che unisce stazione e museo di Marco Pantani. Il 13 gennaio 1970 intorno alle 11.15 nasceva un romagnolo che avrebbe scritto la storia del ciclismo. A distanza di 51 anni (minuto più, minuto meno), la bici usata dal Pirata al Tour 2000 (quello delle sfide con Lance Armstrong, quello delle ultime vittorie sul Ventoux e a Courchevel) è tornata a casa, tra le braccia di mamma Tonina e papà Paolo. «Grazie, davvero grazie. Vi assicuro che questo gesto mi commuove e mi dà forza», sono state le parole non di circostanz­a della madre di Marco e rilanciate da un bel sorriso, visibile sotto la mascherina. Un grazie rivolto a Cassani e Pesenti, un grazie ripetuto simbolicam­ente 66 volte da pareggiare l’impresa compiuta dal gruppo che il 9 dicembre aveva versato 66 mila euro (record assoluto per un cimelio di ciclismo) pur d’acquistare all’asta quella bici.

Genesi di un regalo

Già, perché questa è una storia dove s’intreccian­o passione e burocrazia, gesti fraterni e carte bollate. La Bianchi era stata donata da Marco a Fausto Pezzi, figlio di Luciano. Nel 1996 proprio l’ex gregario di Fausto Coppi aveva convinto Romano Cenni a costruire una squadra intorno a Pantani, nonostante il tremendo incidente alla Milano-Torino e i moltissimi dubbi degli addetti ai lavori sulle reali possibilit­à di un ritorno da vincente. «Lascia stare, Romano. Quello lì è un fuoriclass­e: facciamo le cose per benino», disse Pezzi al patron della Mercatone Uno. E le cose le fecero davvero per benino, con la storica doppietta del 1998: Giro più Tour (da allora mai più nessuno) con un team che sembrava una famiglia oppure una sorta di nazionale della Romagna. Ma proprio tra il successo rosa e quello giallo, ecco le lacrime per la morte improvvisa di Luciano. Solo pochi giorni prima aveva redarguito il suo pupillo: «Smettila di festeggiar­e il Giro e torna ad allenarti: c’è il Tour, andiamo lì per vincere». E Marco onorò come meglio non poteva il suo padre sportivo, conquistan­do la Grande Boucle nella bufera di Les Deux Alpes. Il punto più alto del Pirata. E quando il 5 giugno 1999 arrivò lo sconquasso a Madonna di Campiglio (Pantani in rosa escluso per ematocrito fuori norma), il vuoto lasciato da Pezzi divenne un cratere.

Lo scatto di Cassani

La storia sarebbe andata in modo diverso senza quel lutto. Lo sapeva bene Marco: ferito e deluso da tutto e tutti, pure durante quel Tour 2000. Ma Pezzi era sempre nel suo cuore. E lo dimostrò con un gesto semplice e allo stesso tempo forte per lui che considerav­a le bici come figli: «Tienila, Fausto. È per tuo papà...». E quando anche Pantani decise di raggiunger­e Lu

ciano in quel maledetto 14 febbraio 2004, a Fausto sembrò giusto portare la Bianchi a Imola da patron Cenni, farla stare vicina alla biglia del Pirata che troneggia in autostrada. E lì è rimasta per diverse stagioni, anni difficili per il Paese alle prese con la crisi economica. Talmente profonda da travolgere pure la Mercatone Uno: lavoratori in cassa integrazio­ne, debiti e curatori fallimenta­ri. Proprio quest’ultimi, nella disperata ricerca di soldi, decidono che i trofei di Pantani possono andare al migliore offerente. A nulla sono valsi i tentativi di Pezzi e della famiglia di Marco. La legge non conosce le ragioni del cuore, le aste (qualche volta) sì. E qui entra in scena Cassani, pure lui sangue romagnolo.

Uno che ha visto crescere Marco («In carriera l’ho staccato solo due volte: nel 1992 a Camaiore nella sua prima corsa da profession­ista, vinsi io; nel 1998 nella gara di trotto all’ippodromo di Cesena, lui ruppe...»), facendogli nel 1997 persino da diesse. Riunisce un gruppo di appassiona­ti con Pesenti in prima fila: «Acquistiam­o la bici e poi la diamo al museo gestito dalla famiglia». Detto, fatto. Ieri la consegna, nel giorno del compleanno di Marco. Il regalo più grande che si potesse fare alla mamma. «Abbiamo voluto fortissima­mente questa cosa – ha spiegato Cassani – perché il museo di Cesenatico è il luogo naturale dove esporre la Bianchi: gli appassiona­ti potranno ammirarla insieme agli altri cimeli. L’asta non è stata semplice, dura come il Mortirolo: continui rilanci, il prezzo andava sempre su (un calciatore di Serie A rimasto anonimo ha offerto 50 mila euro, ndr)... Ma eravamo decisi a tagliare il traguardo». Gli fa eco Pesenti: «Mi piace vederlo come un segnale di ottimismo, in un momento così difficile per l’Italia. Pantani è stato e sarà sempre un mito: la sua bici è tornata a casa, in un museo bellissimo, dove il tempo si è fermato: basta chiudere gli occhi per rivivere emozioni uniche». Già, ecco perché ieri non è stato uno di quei giorni in cui ha vinto la malinconia.

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