Inter-Juve con par condicio Avanti solo ai supplementari
Juve e Inter qualificate agli quarti di Coppa Italia, ma soltanto ai supplementari, par condicio di fatica in vista della grande sfida di domenica a San Siro. Nessuna delle due potrà accampare la scusa del surplus di sforzi. Subito in gol e sopra di due reti alla mezz’ora, la Juve si è illusa che la questione fosse chiusa con bell’anticipo, però Davide Ballardini ha restituito carattere e fisionomia al Genoa e metro su metro il Grifone è risalito fino al 2-2. Andrea Pirlo è partito con quattro ragazzi nati nel nuovo millennio. Nulla da ridire su Kulusevski (classe 2000), sempre più “strappante” e dirimente, prossimo alla titolarità fissa, ma Dragusin (2002), Wesley (2000) e Portanova (2000) tutti assieme in un colpo solo sono sembrati un’esagerazione. È vero che causa virus e infortuni vari mancavano sei grossi calibri e che non era il caso di rischiare altri accidenti, però la Coppa Italia può fungere da camera di compensazione in caso di insuccessi altrove, non pare saggio affrontarla con un pezzo dell’Under 23. Poi ci si condanna a maratone perniciose, nel gelo di gennaio. Il fatto che la rete decisiva nei supplementari l’abbia segnata il subentrato
Hamza Rafia, un ‘99 dell’Under 23, non sposta nulla, il discorso rimane tale. La Juve doveva chiuderla prima. Che cosa vuole dimostrare Pirlo? Che il suo gioco funziona a prescindere dai giocatori? Non è ancora a quel livello, è lontano dall’avere trasmesso alla squadra un copione chiaro e definito, e gli converrebbe limitare gli esperimenti con i ragazzi nelle competizioni ufficiali. L’Inter si è qualificata agli sgoccioli, con un gol del solito Lukaku. Antonio Conte è partito con un’Inter B, poi ha via via inserito i titolarissimi lasciati fuori a riposare - De Vrij, Lukaku, Hakimi, Barella, Brozovic -, dimostrazione di come la squadra per andare al massimo abbia bisogno dei pesi massimi. Contro la Fiorentina una prestazione in linea con le ultime esibizioni, l’Inter ha esercitato dominio territoriale e possesso palla, però il raccolto è stato striminzito, troppi errori davanti alla porta. Una supremazia appesantita dalla paura di sbagliare. Eriksen regista non ha convinto appieno, ha perso qualche pallone pericoloso. Non poteva essere altrimenti, ogni esperimento o cambiamento necessita di tempo, una bocciatura senza appello sarebbe sbagliata. Il danese ha mandato segnali di impegno, ha tirato per due volte in porta con pericolosità e le statistiche della Lega certificano che è stato il giocatore che più si è mosso nella partita di Firenze, oltre 16 i suoi chilometri percorsi nei 120 minuti. Poiché dal mercato non dovrebbe arrivare nessuno, Eriksen centrocampista, e non più trequartista, può diventare un’alternativa, forse una soluzione. L’impressione è che l’Inter abbia i mezzi per prendersi il campionato e che il gruppo sia con Conte. Non sappiamo quanto inciderà l’incertezza sul futuro della proprietà, ma parliamo di professionisti d’alto livello, abituati a focalizzarsi sul campo, senza distrazioni. All’Inter manca l’ultima scintilla, una vittoria forte, che la renda consapevole delle sue potenzialità, che la liberi da certe angosce e insicurezze. La squadra è massiccia, forse troppo, un filo di leggerezza le gioverebbe. La Juve arriva al momento giusto, a patto di vivere la partita come un’opportunità e non come un’ossessione.