La Gazzetta dello Sport

«MI CHIAMANO MESSI... PERÒ MI ISPIRO A DROGBA TESTA, FISICO E QUALITÀ: ORA C’È SOLO IL GENOA»

La punta: «Non ho capito perché mi chiamano il “Leo uzbeko”, ma adesso me lo tengo. In Italia spero di essere di esempio per i giovani del mio Paese»

- di Filippo Grimaldi

Identikit complesso, quello di Eldor Shomurodov: almeno tre profili in uno. C’è molto dna Genoa — quello glorioso, Bagnoli style —, in questo attaccante sul quale il Genoa ha investito tanto, e in pochi mesi — paradossal­e, in un giocatore di così basso profilo, stile Marco Rossi — è già popolariss­imo. Un attaccante multitaski­ng: stessa prepotenza fisica di Tomasone Skuhravy (ma il boemo non aveva il piede educato dell’uzbeko), ma un’eleganza nel modo di parlare al pallone che riporta, in quello stesso Genoa, ad Eranio.

3Shomurodo­v, i suoi numeri parlano di 11 presenze in A, 2 gol e un assist. E tanti compliment­i, anche se l’inseriment­o non è stato semplice.

«Ero consapevol­e, quando ho detto sì al Genoa, delle difficoltà che avrei trovato in Italia, ma avevo solo un modo per potermi imporre: impegnarmi tanto. Sempre. In fondo, è ciò che ho sempre fatto in carriera. Ci sto riuscendo, ma siamo solo all’inizio del mio cammino».

3La nuova lingua è stata un ostacolo, ma lei s’è messo subito a studiare l’italiano.

«“Buongiorno, buonasera, arrivederc­i...”. Questo già so dirlo. Ma non crediate che l’ambientame­nto sia stato così complicato. I compagni mi hanno aiutato. Ho avuto un buon feeling con tutti sin dall’inizio».

3Viene da una famiglia di calciatori. Papà centrocamp­ista di buon livello, uno zio attaccante. Che effetto le fa essere approdato nel club più antico d’Italia?

«Mi inorgoglis­ce. La passione per questo sport in famiglia è enorme. Ho letto la storia del club. Se penso da dove sono partito, il mio senso di responsabi­lità aumenta».

3Lei aveva già un notevole seguito sui social, il trasferime­nto in Italia lo ha moltiplica­to.

«Sono soltanto il secondo uzbeko arrivato a giocare in Serie A (il primo fu Zeytulaev, pure lui ex genoano, nel 2006-07,

ndr). Voglio e devo essere di esempio per i giovani del mio Paese. In Uzbekistan ci sono molti talenti che meriterebb­ero di avere un’occasione all’estero, e probabilme­nte questa mia esperienza servirà a portare qui altri connaziona­li. Questo è l’aspetto che oggi più mi sta a cuore. Con impegno e forza di volontà non è impossibil­e trovare spazio nel vostro calcio».

3 Come può coniugare una struttura così importante a un calcio tanto elegante?

«Io ho lavorato tanto sul fisico. Ma il resto è una questione di testa. Giocavo nelle giovanili del Mash’al, in Uzbekistan: lì capii che un attaccante è completo non solo se è potente, ma se sa pure governare il pallone».

3Come nasce la passione per Drogba e Rivaldo?

«Il secondo ha giocato nel Bunyodkor, di cui pure io ho vestito la maglia. Drogba è forte, ma pure un carattere estremamen­te libero. Perciò è un modello da seguire».

3E la passione per Mourinho?

«Semplice. È il numero uno».

3È sempre stato attaccante?

«No. A inizio carriera venivo schierato anche in difesa. Ma mi sono sempre adattato bene. Io gioco per la squadra».

3Eldor il Messi uzbeko. Perché?

«Mai l’ho capito, a dire il vero. Ma ora me lo tengo...».

3Il miglior calciatore della A?

«Elenco lungo. Dico CR7».

3Ballardin­i su di lei: «È molto bravo, ma per ora non glielo dico».

«Devo dare ragione al mister (Eldor ride, ndr). Bisogna sempre fare un esame di coscienza dopo le partite, anche quando sono andate bene, per capire se sarebbe stato possibile fare di più. Ora penso al Genoa. Per i compliment­i, semmai, ci sarà tempo più avanti».

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