UN PECCATO CAPITALE
Il derby di Roma è sempre stato, per definizione, combattuto, ruvido, magari non bello ma emotivamente imperdibile. Ecco, il derby di oggi tra Lazio e Roma mantiene le stesse promesse e premesse, con l’aggiunta di una aspettativa: una partita anche tecnicamente di altissimo profilo. Già, perché con i loro alti e bassi, con le loro contraddizioni, con i loro limiti di panchina o strutturali, le due squadre hanno però inseguito un filo comune, quello del gioco. Lazio-Roma di stasera è la sfida tra Luis Alberto e Mkhitaryan, tra Milinkovic e Pellegrini, tra Leiva e Villar, tra due “alternative” come Correa e Pedro, tra due esterni non solo di corsa come Lazzari e Spinazzola. Tra due centravanti dai piedi più che buoni: Immobile e Dzeko puntano inevitabilmente al gol, ma sono comunque funzionali all’ingranaggio. Più profondo, verticale, il calcio della Lazio; più “lavorato”, con qualche ricamo, quello della Roma. Di sicuro Inzaghi e Fonseca hanno costruito due squadre che, nei momenti di ispirazione, piacciono e si piacciono. Un percorso che parte da lontano, quello della Lazio, con una squadra immutabile negli anni. Un solo titolare aggiunto - in porta, con la promozione di Reina - per il resto sempre gli stessi: un disegno colpevolmente confermato nell’estate scorsa, con un mercato sicuramente non all’altezza di un club portato magistralmente in Champions dal suo tecnico. Una rivoluzione - compiuta in un anno e mezzo- invece quella di Fonseca, che ha cambiato modulo, giocatori, filosofia.
Tra acquisti, giocatori ripescati (come Karsdorp), rilanciati (come Spinazzola), valorizzati (come Villar e Ibanez), la Roma è praticamente entrata in un laboratorio. Ed è difficile dire chi, tra Lazio e Roma, parta oggi avvantaggiata se non addirittura favorita. Diverso è invece il peso del risultato: la Roma, considerando la classifica, potrebbe accettare senza rimorsi anche un pareggio, che la confermerebbe in piena corsa Champions. Alla Lazio, invece, serve solo la vittoria: una scossa alla classifica e anche psicologica. Una sfida insomma più che godibile, con tutti gli ingredienti, a cui manca però un pizzico di sale, rappresentato dalla presenza- in passato molto più massiccia - di ragazzi provenienti dal vivaio. Come dimenticare limitandosi agli ultimi 40 anni - certe imperdibili vigilie? Conti e Di Bartolomei contro D’Amico e i gioielli che si stavano affacciando, Giordano e Manfredonia. Oppure i faccia a faccia tra Giannini e Bergodi, immersi nel ruolo di tifosi. E poi le notti insonni di Francesco Totti e Alessandro Nesta. La grinta di De Rossi, le corse di Di Canio, e poi Di Vaio, Aquilani, più recentemente anche Florenzi. Senza dimenticare le strane storie di Di Biagio, cresciuto nelle giovanili della Lazio e protagonista della Roma o di Nando Orsi, dal giallorosso al biancazzurro. Stasera in campo ci sarà solo un giocatore nato a Roma: Lorenzo Pellegrini. Davvero troppo poco.
Un grido di dolore, certo, più ancora che di allarme, per chi continua a credere nelle radici, nell’appartenenza, nelle bandiere. E chissà che il calcio da questo difficile momento non esca almeno con la riscoperta dei vivai. Perché, ed è vero, contano i piedi ed è importante giocare con la testa. Ma volete mettere chi ci aggiunge il cuore?