Saltate 13 gare ma il campo resta il posto più sicuro
L’Nba non si ferma. Le partite rinviate per Covid sono diventate 13, i giocatori entrano e escono dalla quarantena come fosse un’infermeria virtuale sempre più piena. Due nuove squadre, Washington e Minnesota, sono i focolai di questa ondata di contagi. I Wizards hanno addirittura 9 giocatori in quarantena, tra cui 6 positivi, e sono fermi da lunedì dopo aver battuto Phoenix (che da allora non ha più giocato, nonostante nessun giocatore dei Suns abbia contratto il Covid). I Wolves si sono fermati dopo il secondo caso di positività in due giorni: la stella della squadra, Karl-Anthony Towns, che ha rivelato sui social di essere risultato positivo. «Prego ogni giorno perché l’incubo di questo virus finisca» ha scritto il lungo 25enne che in primavera ha perso la madre per Covid.
Protocolli
La stagione però va avanti. Nba e sindacato giocatori sapevano che senza la protezione della bolla contro il Covid era questione di quando e non di se. Le partite verranno recuperate nella seconda parte di stagione, dall’11 marzo, le squadre contagiate si fermano e ripartono appena hanno 8 giocatori disponibili. I protocolli sanitari sono diventati più rigidi (mascherine obbligatorie sempre e giocatori praticamente in isolamento, sia in casa che in trasferta) e si basano su strette regole scientifiche. Nella bolla, insomma, per il momento non si torna. Ne si parla di sospendere la stagione, nonostante il Covid negli Usa continui a fare paura e i contagi, di conseguenza, continuino anche nell’Nba. Ma non in campo: lega e giocatori stanno usando il sistema di tracciamento per determinare quanto i giocatori stanno a meno di un metro e mezzo di distanza. In partita non succede per più di 5-6 minuti. È per questo che il campo è il posto più sicuro per un giocatore.