Della Valle, Grandesso, Nigro Stoppini INTER-JUVE DA SUPEREROI
San Siro, ore 20.45: Lukaku contro Ronaldo come un duello tra l’Incredibile Hulk e Superman Film scudetto per 200 Paesi e 650 milioni di spettatori
Mind the gap, c’è scritto a terra in ogni fermata della metropolitana di Londra. Antonio Conte a Londra ha vissuto, oltre che allenato. E magari un domani da quelle parti tornerà, talmente grande l’ammirazione per il modo di vivere e lavorare in quel paese. Sa bene cosa sia un gap, il tecnico. È un divario. È, per esempio, la differenza di punti dalla Juventus, 21, che ha trovato appena arrivato sulla panchina dell’Inter. «Non era una bella cosa», ha ricordato ieri. Oggi Conte guarda la Juve dall’alto in basso in classifica. Ma sul resto, no. Dall’altra parte il processo di crescita fuori dal campo ha prodotto acquisti e investimenti a tre cifre, 165 milioni circa ragionando sui calciatori aggiunti alla squadra che ha vinto il campionato scorso. L’Inter si è fermata ad Hakimi, è il pizzico di sale su un piatto di pasta già cucinato, il resto è stato contorno da spiccioli: 45 milioni complessivi, poco più di un quarto dei bianconeri. Così allora vanno lette le parole dell’allenatore dell’Inter: «Il gap è stato colmato? No, nessuno in Italia può dirlo. Perché la Juventus ha continuato a operare in maniera importante, riuscendo sempre a cambiare, a ringiovanire, a prendere giocatori di esperienza. Anche quest’anno, su una struttura che ha sempre vinto, hanno messo Chiesa, Morata, McKennie, Kulusevski... cercano sempre di migliorarsi. Ecco: sarebbe illusorio pensare di aver annullato il gap. Però attraverso il lavoro alcuni club, come l’Inter, si stanno avvicinando». Come a dire: qui non si gioca ad armi pari. Che poi il match e il torneo possano dire altro, è figlio anche di questioni più generali. «La Juve - ancora Conte resta il punto di riferimento per capire a che livello si è arrivati».
Hakimi «differito»
Così, con questo orgoglio, Conte si avvicina al match che può segnare uno spartiacque della stagione sua e dell’Inter. Contro la Juve, da avversario in panchina, non ha raccolto neppure un punto. Per farlo si affida ai fedelissimi, l’undici titolare, senza strane deviazioni. Con il gruppo squadra ha creato una sintonia fortissima. E i giocatori in lui vedono e leggono l’ancora cui affidarsi in un periodo nel quale neppure gli stipendi arrivano con puntualità. Conte fa il garante, è il certificato di qualità riconosciuto dai suoi giocatori: finché c’è lui, le ambizioni sono massime. Dopo, chissà. E in quel dopo c’è tutta l’incertezza possibile per una società in aperta crisi finanziaria, costretta pure ad accordarsi con una carta firmata con il Real Madrid per rinviare di tre mesi - da dicembre al 30 marzo - il pagamento della prima rata da 13 milioni di euro per Hakimi.
Pressione
Meglio pensare a quel che c’è sul piatto oggi, allora. L’Inter è all’esame più severo: «Dobbiamo crescere, sentire il “sangue” degli avversari, riuscire ad ammazzarli sportivamente. Sperando che la pressione sia quella giusta, che non appesantisca gambe e cervello». Contro Lazio, Atalanta e Roma Lukaku e compagni non sono riusciti a vincere, nonostante vantaggio e occasioni per chiudere. È su questi particolari che si costruisce uno scudetto. E Conte ha usato l’arma della motivazione: se stasera il gap avrete colmato è il messaggio inviato ai suoi giocatori - è solo per merito del vostro impegno.
Illusorio pensare di aver colmato il gap con la Juventus: nessuno in Italia può dirlo
Dobbiamo sentire di più il sangue degli avversari. Pressione? Non deve appesantire
Antonio Conte