Gigante sca
BASSINO, POESIA BIANCA SUL GHIACCIO DI KRANJSKA AI MONDIALI DA NUMERO 1 «VADO FORTE OVUNQUE» Pista durissima: terzo centro stagionale nella specialità «Eclettica come Hirscher e la Fenninger». Oggi per il bis
Temevo questa gara, invece ora ho capito di essere solida in qualsiasi situazione
Rispetto al 2019-20 ho cambiato marcia. Nessun episodio chiave, solo un percorso di crescita
Di Petrulli mi fido ciecamente perché so che anche se la gara è dura gli sci saranno sempre ok
Marta Bassino
di Simone Battaggia
Applaudire, non si può fare altro. Nel parterre di Kranjska Gora Tessa Worley e Michelle Gisin accolgono Marta Bassino spellandosi le mani. Poco prima avevano esultato entrambe, coscienti di aver fatto una super manche su una pista ghiacciata, intrattabile, brutale, in una gara poco più corta rispetto a quella dei maschi. Finiranno seconda e terza, damigelle d’onore in una giornata che metteva alla prova la testa, il fiato, la tecnica. Una giornata riservata soltanto alle campionesse.
Un’altra dimensione
Esulta anche Marta, come raramente l’avevamo vista fare. Agita
le braccia alla Tardelli perché capisce subito che dietro a quegli ottanta centesimi di vantaggio c’è molto di più della sua quinta vittoria in carriera e della ritrovata leadership nella classifica di gigante. Un trionfo offre solo un indizio, ma se in cinque gare tra le porte larghe ne porti a casa tre, nella quarta sei uscita a poche porte dalla fine quando te la stavi giocando e nella quinta eri seconda prima che annullassero la gara per vento, allora stai entrando in un’altra dimensione. E se la prima vittoria l’hai ottenuta a ottobre sul ghiacciaio di Soelden, la seconda a dicembre sotto la neve a Courchevel su di un fondo che era un puzzle di ghiaccio e di neve fresca, e la terza la conquisti nel freezer di Kranjska Gora, a -15° e su una pista che è una lastra di vetro, allora i tuoi riferimenti iniziano a essere interessanti. «Ho vinto su tre tipi di piste differenti, su tre nevi differenti e ne sono fiera — spiegherà a fine gara la cuneese — . Mi ricordo quando guardavo Marcel Hirscher e Anna Fenninger, erano in grado di vincere su diversi tipi di pista. Ora ci riesco anch’io, è incredibile».
Gambe che tremano
Miglior tempo nella prima manche, secondo miglior tempo nella seconda. Lì dove le avversarie mettono di traverso gli sci, alzano il busto, portano troppo rispetto e in molti casi escono, lei scivola come una piuma, stringe il raggio delle curve, non alza un filo di neve e fila via tra le porte. La solita poesia sul ghiaccio, scritta però mentre quel ghiaccio sembra pronto a divorarti. Ieri la «Podkoren 3» ha fatto tremare le gambe a tante. Pure oggi nella gara-bis, in programma oggi, probabilmente andrà così. Per Marta la vigilia non era stata tranquilla. «Avevo timore di questa pista, in allenamento sul lucido ho sempre fatto fatica.
Invece ora capisco che ho la solidità per fronteggiare ogni situazione. Mi aiuta molto il mio skiman, Gianluca Petrulli. È una persona di cui mi fido ciecamente. Questa gara era difficile, la neve dava poco grip, ma quando arrivo alla partenza so che gli sci comunque andranno bene. È un rapporto che si costruisce nel tempo, durante gli allenamenti. Giorno dopo giorno, lui capisce come mi piacciono gli sci. È un qualcosa di speciale».
I valori attuali
«Qualche errore l’ha commesso anche lei — aggiunge Gianlura Rulfi, tecnico dell’Élite — ma in condizioni del genere ci sta. Sono soddisfatto al cento per cento. La prima manche era molto strana, aritmica, alcune atlete si sono fidate di spingere e altre no. La seconda era più regolare e credo che il risultato rispecchi i valori attuali: davanti Worley e Bassino, appena die
tro Federica Brignone che ha fatto il quarto tempo di fatto andando per terra, più dietro Vlhova e Shiffrin». La valdostana non può essere certo contenta del suo quinto posto, così come Sofia Goggia cercava qualcosa di più di una quindicesima piazza. «Fede era arrabbiatissima, ma io sono contento della sua prova. Nella prima manche non era in confidenza, nella seconda si è rimessa, ma per essere una alla quale manca confidenza va benissimo così. Anche Sofia, nella parte alta della seconda manche si è espressa. Non capisco questa paura che ha colto pure loro, quasi fosse una psicosi collettiva». Marta Bassino, invece, di paura non ne ha avuta. «Non sento la pressione — racconta la 24enne —. Anzi, la continuità a questi livelli mi dà sempre più consapevolezza». «Marta è una persona tranquilla, ha le proprie idee chiare, i propri riferimenti — aggiunge Rulfi —. È una dote innata, niente che si possa imparare. Il suo è il tipico stile sabaudo di impronta cuneese». «L’anno scorso vinsi la mia prima gara, ma adesso sento di aver cambiato marcia — aggiunge Marta —. Mi vedo cresciuta e consapevole, non c’è stato un episodio a cambiarmi ma è stato un percorso graduale che doveva avvenire»
Continuità
A tre settimane dall’inizio dei Mondiali, Marta Bassino è la migliore gigantista al mondo. Dove può arrivare? A Cortina nulla le è precluso. La Coppa del Mondo generale è un discorso più complicato, perché Petra Vlhova non molla — il suo quarto posto di ieri le dà punti pesanti — e, gara dopo gara, Michelle Gisin si sta imponendo come alternativa: la svizzera ha ottenuto cinque podi ed è finita tra le migliori dieci in 12 delle 14 gare disputate. Insomma, per costruire il grande sogno ci sarà tempo: ora Marta può puntare dritto alla Coppa di specialità e all’oro mondiale. Gianluca Rulfi, che ha il merito mai abbastanza riconosciuto di gestire il gruppo Élite riuscendo a tirar fuori quasi sempre il meglio da ciascuna delle tre stelle dello sci azzurro, spiega perché secondo lui occorre attendere prima di dare ragione all’amico Claudio Ravetto quando sostiene di non aver mai visto altre donne sciare così bene in gigante. «Ripenso alla migliore Fenninger, o alla nostra Karbon che quando vinse la Coppa di specialità (2007-08, ndr). Sembravano volare. Il difficile è essere regolari. Altrimenti potremmo prendere come riferimento anche la Robinson e le sue due vittorie della scorsa stagione, veramente impressionanti. A fare la differenza è la continuità».