TUTTA ITALIA SULLA LUNA
VELA: IL 6 MARZO VIA ALLA FINALE DI COPPA AMERICA CON NEW ZEALAND
Lacrime e sale. Sorrisi e urla.Il primo è quello di Checco Bruni, che suona come una sfida: «Faremo di tutto per vincere la Coppa America, dovranno passarci sopra per batterci», grida il timoniere dopo la vittoria per 7-1 contro Ineos e la conquista della Prada Cup. Ma la più bella definizione di Luna Rossa la dà Jimmy Spithill, un australiano nato con un timone fra le mani, più vittorie in mare di quante lentiggini ha sul viso, che racconta: «Ringrazio questo team di avermi accettato. Sono passionali, entusiasti e pieni di energia. Ma tutti - dal primo all’ultimo - si sono messi a lavorare duro, nei giorni felici e quelli tristi per raggiungere un obiettivo. Vincere la Coppa. E io farò davvero tutto quello che potrò per aiutarli. Ringrazio Patrizio (Bertelli, ndr) e Max (Sirena, ndr) per avermi scelto e non vedo l’ora di andare in acqua contro Team New Zealand .... ». È una vita che aspetta l’occasione l’Italia, è una vita che l’aspetta Luna Rossa. Dall’altra parte del
Mondo a 18 mila km da Auckland, Patrizio Bertelli, ha sofferto nel silenzio solitario della notte italiana. Ma è stata l’alba di un nuovo giorno e forse di una nuova era. «Mi dispiace troppo di non essere lì in Nuova Zelanda con la squadra, ma ho goduto anche da qui. Sono stati molto bravi anche nell’ultima giornata. Questa barca è veloce e manovra bene. La squadra è molto cresciuta in queste settimane. Bruni e Spithill sono due timonieri che si completano. Più tattico l’australiano, abituato alle brezze del Mediterraneo il palermitano. Brezze molto simili alle arie che si sono viste in questi giorni».
Ventuno anni dopo
«La gioia e l’emozione sono le stessa di 20 anni fa. - racconta ancora Patrizio Bertelli, l’inventore della Luna a metà degli anni 90, nello studio del progettista German Frers -. Allora della Coppa non conoscevo nulla. Ora ho imparato qualcosa in più. Oggi come allora avevamo una squadra molto italiana negli uomini e nella tecnologia. Siamo abituati a lamentarci di quello che non abbiamo, ma siamo un Paese che quando ci si mette riesce a fare le cose per bene. I neozelandesi? Sono forti, come erano forti allora. Ma se in finale trovassimo giornate con poco vento, forse riusci
Se lo sono meritato, hanno fatto un lavoro davvero buono. Adesso speriamo nella finale. Sono super carichi, l’entusiasmo è alle stelle, non vedo l’ora che inizi la finale
Ho fatto una diretta social con Max Sirena prima della regata e devo avere portato bene... Luna Rossa è “made in Bergamo”, quindi ci tengo ancora di più. In bocca al lupo!
remmo a dire la nostra». Racconta di non essere scaramantico, ma prima della finale ha regalato il disegno di un cornetto rosso a tutto il team. Sa che non è il momento di sbilanciarsi. Ma dentro anche lui sogna.
Famiglie
Come sognano le migliaia di tifosi italiani dall’altra parte del mondo vedendo il popolo della Luna ebbro di bollicine e di gioia. Oggi che la grande paura di fallire è affogata nel golfo di Hauraki. Adesso che la marea del Pacifico si è portata via tutte le critiche di questi mesi. E c’è spazio solo per la gioia e altre lacrime. Quelle di mogli e figli: Luna Rossa è diventata una tribù che palpita e soffre. Che fa il tifo, che si è trasferita dall’altra parte del mondo per partecipare (nell’ombra) a una sfida che per l’Italia è cominciata nel 1983, quando Azzurra di Cino Ricci e di Mauro Pelaschier fece scoprire la magìa della Coppa all’Italia. E oggi - quasi 40 anni più tardi - il nostro Paese è uno di quelli al mondo dove l’America’s Cup ha più tifosi e appassionati. Gente che magari non è mai salita su una barca, ma ogni notte discute di foil e bompressi, di doppio timoniere e di quanto sono forti i kiwi che anche ieri sono usciti in mare per allenarsi. In banchina si favoleggia che la barca che deve difendere la Coppa, dal nome maori Te Rehutai (qualcosa di più complicato dell’energia che deriva dalla schiuma del mare) sia di gran lunga la più veloce della flotta. Non lo raccontano, ma tanti giurano che nei test abbia avvicinato i 60 nodi (110 km all’ora). Nessuno (tranne quelli del team) conoscono le reali prestazioni, ma tanti sono pronti a scommettere che vinceranno anche questa volta (e non solo i bookmakers la pensano così).
Estrema
Ha foil più piccoli di tutte le altre barche, è anche la più estrema fra le 8 che si sono viste ad Auckland. Con l’equipaggio racchiuso in abitacoli stile bob e con gli uomini quasi invisibili dall’esterno. Negli ultimi giorni ha misteriosamente testato vele da vento forte, anche se nel periodo della Coppa ci si aspettano arie più leggere. Ha confermato la squadra che vinse a Bermuda a iniziare dal timoniere Peter Burling, uno che a 26 anni aveva già vinto Olimpiade e Coppa America. Dietro le quinte del team Matteo de Nora, manager di origini italiane che si è innamorato di questo Paese di questa squadra e ha sostenuto il grande capo Grant Dalton, uno che ha alle spalle tante miglia in Oceano quante ne servono per arrivare sulla Luna. Non più Rossa. Quattro anni fa erano amici. Adesso non più: li divide una Coppa. Uno è di troppo: come sempre da 170 anni. Non c’è secondo all’America’s Cup...
La squadra è molto cresciuta. Bruni e Spithill sono due timonieri che si completano