PARLIAMO
Due giocatori che sembravano destinati all’oblio: uno, Chistian Eriksen, lontano dall’intensità chiesta da Conte a centrocampo e tentato dal cambiare aria; l’altro, Ivan Perisic, incapace di interpretare il ruolo di esterno a tutta fascia come richiesto dall’allenatore. Bene, entrambi i teoremi sono caduti. Merito dell’allenamento, dell’ostinazione del tecnico e della duttilità dei giocatori. Entrambi ora interpretano (bene) un nuovo ruolo. Eriksen è una mezzala di posizione, abile a difendere e come play aggiunto a Brozovic. Perisic ha una nuova attenzione difensiva e salta l’uomo come ai tempi belli. uando nell’estate del 2019 lanciò l’editto cinese, Conte aveva visto tutt’altro Perisic: il croato, indolente per carattere, non garantiva l’applicazione minima per fare il quinto di sinistra nella gabbia del 35-2. «Con me può giocare solo da punta!», tuonò il tecnico, un po’ incauto, mentre spediva Ivan in Baviera. L’anno passato al Bayern ha permesso al croato di aggiungere qualche riga al curriculum — è entrato nel ristretto circolo dei tripletisti –, ma il mancato riscatto dei tedeschi lo ha deluso e inizialmente immalinconito. Ancora nei primi mesi di questa stagione Perisic sembrava intrappolato negli equivoci del passato: Conte, che se l’è ritrovato in casa un anno dopo senza fare salti di gioia, lo ha usato a volte come punta di riserva e a volte come esterno. Ivan non brillava di certo, ma sotto traccia lavorava duro per superare il tabù: un allenamento alla volta, si stava trasformando in un esterno “totale”. Improvvisamente ha imparato a guardare non più solo alla Lu-La, ma pure alle spalle di Bastoni. «Si è messo a disposizione e il tempo è stato galantuomo», ha detto Antonio. Un’inversione a U anche verbale. Questo Perisic impetuoso nasce, però, da un patto di sangue: come per Eriksen, il giocatore ha “capito” Conte, ma Conte ha “capito” il giocatore, abbandonando
Qogni prigione ideologica sul ruolo. Contro il Milan ecco l’ultimo step: Perisic si è confermato attento dietro, ma è tornato a saltare l’uomo come ai bei tempi.
Altra testa
Nell’ultimo glorioso anno al Bayern il croato stava beatamente a sinistra nel 4-2-3-1: non ha cambiato lui la stagione bavarese, ma è stato un cambio prezioso in una fenomenale batteria di esterni d’attacco. In Bundesliga ha segnato 4 reti, la metà dell’anno prima a Milano, ma con una migliore media-gol (0,3 contro 0,27) e molti più palloni toccati in area. Nel 2018-19 con Spalletti, Perisic era partito largo nel 4-23-1, trovandosi più spesso ad attaccare in un tradizionale 4-3-3: in ogni caso, aveva consegne assai diverse da quelle odierne. Da Inter-Benevento, Ivan è diventato invece il pupillo mancino di Conte, l’esterno titolare per la corsa scudetto. Quel 30 gennaio come uno spartiacque: prima il croato creava 1,6 occasioni a gara, da allora si è arrampicato a 2,1. All’inzio gli riuscivano 21,4 passaggi, da Benevento in poi è salito a 26,4. È cresciuto di livello, ha abbracciato il ruolo con altra testa. Si è definitivamente preso la fascia proibita.
IL NUMERO 1,8