QUELLA VOGLIA DI RIPARTIRE
Il Giro che ci piace. Perché va da Torino a Milano, due città di antico e appassionato amore per il ciclismo, perché ci riporta sulle Strade Bianche di Montalcino, perché ha pochi chilometri a cronometro e tanta, tanta salita. Sarà un Giro tutto italiano alla ricerca della normalità dopo l’anno più complicato che ricordiamo. Se la corsa rosa dello scorso anno, spostata da maggio a ottobre, è stata una sorta di miracolo organizzativo e agonistico, quella che è stata presentata ieri negli studi Rai di Milano potrebbe essere la gara della ripartenza. Usiamo il condizionale perché gli sviluppi della pandemia non sono prevedibili, ma speriamo davvero che a maggio la gente possa tornare in sicurezza sulle strade della corsa rosa, perché il ciclismo, lo sport più popolare, ha bisogno dell’abbraccio dei tifosi.
Si va da Torino a Milano, come è già accaduto in occasioni storiche del nostro Paese. È successo nel 1961 e nel 2011 per il Centenario e per i 150 anni dell’Unità d’Italia. Poi la corsa prenderà la via del Sud per arrivare fino in Puglia e quindi risalire. La prima settimana è relativamente facile e un primo rapido sguardo del percorso ci fa cascare l’occhio su Montalcino, la città del Brunello, un vino che ci rende orgogliosi nel mondo. Ma quelle sono anche le colline senesi delle Strade Bianche, gli sterrati che trasformano le gare in testa a testa tra guerrieri della polvere. O del fango! Nel 2010, su quello stesso arrivo, vinse solitario l’australiano Cadel Evans, che era stato un Gli sviluppi della pandemia non sono prevedibili. Speriamo che la gente possa scendere in strada campione della mountain bike. E Ivan Basso, grazie all’aiuto di un giovane Vincenzo Nibali (fortissimo anche lontano dall’asfalto) si difese ponendo le basi del suo secondo successo finale. A proposito della maglia rosa: quella che si assegnerà a Milano sarà la novantesima, visto che la casacca color Gazzetta accompagna il leader
della corsa dal 1931. La vestì per primo Learco Guerra, nella sua Mantova, ma a Milano finì sulle spalle di Francesco Camusso.
In questi 90 anni l’hanno vestita 254 diversi corridori e 73 di questi hanno vissuto un solo giorno (di gloria) in maglia rosa. Tra questi ultimi il più felice è Tao Geoghegan Hart, che lo scorso anno si infilò la maglia rosa nella tappa conclusiva. Quella di
Milano. Quella che decide. Il disegno del Giro 2021 è stato accolto tra gli applausi. Piace perché è ricco di riferimenti alla storia (Dante Alighieri) e alla tradizione (Learco Guerra e Alfredo Martini) ma tecnicamente strizza l’occhio alla modernità. Due sole cronometro per circa 40 chilometri di corsa contro il tempo e tante salite ben disseminate lungo le tre settimane di gara.
Il dislivello altimetrico sarà di oltre 40 mila metri e tappe come quella che porta allo Zoncolan, quella dei 4 colli dolomitici di Cortina e la penultima che porta al traguardo inedito dell’Alpe Motta fanno venire il mal di gambe anche solo a guardare la cartina altimetrica. Un menu tristellato che invita a tavola soprattutto gli scalatori. A Nibali e Bernal, per capirci, questo Giro piace molto. E anche a noi.