I giovani bravi non corrono il rischio di bruciarsi
ACrotone, il 17 ottobre 2020, Andrea Pirlo era in emergenza e schierò dall’inizio Portanova (classe 2000) e Frabotta (1999). Non andò bene. Al ritorno, lunedì scorso, in un’altra situazione di emergenza, l’allenatore della Juve si è affidato a un McKennie a mezzo servizio per un problema all’anca e a un Ramsey appena rientrato dopo l’ennesimo guaio fisico e ha lasciato in panchina Fagioli (classe 2001), del cui possibile impiego da titolare si era parlato alla vigilia. Poi, sul 3-0, Pirlo ha inserito Fagioli che ha mostrato buone qualità in un contesto, però, molto simile a un’amichevole. Non siamo del partito «giovani a tutti i costi» e pensiamo che non sia la carta d’identità a dover indirizzare le scelte. Giochino i più bravi, insomma. Rifiutiamo, però, il concetto che il giovane nelle difficoltà corra il rischio di bruciarsi: ragionamento tipicamente italiano e che impedisce di rendersi conto del valore, anche solo potenziale, di un giocatore. Lunedì sera, in casa contro l’ultima, Pirlo ha probabilmente frenato il suo stesso istinto nonostante il centrocampo della Juve sia stato finora deludente. Il giorno dopo, nell’andata degli ottavi di Champions, Flick ha schierato dall’inizio Musiala (2003). Nonostante qualche recente inciampo e alcune assenze illustri, il tecnico del Bayern ha scelto la soluzione più logica. Piuttosto che cambiare ruolo a qualche veterano, ha inserito il ragazzino che ha potuto dimostrare di essere bravo davvero. Questa è la strada: Pirlo, a cui il coraggio non manca, la segua.