Sonetti, 80 anni festeggiati col suo amore: il pallone
Una lunga carriera, con 5 promozioni in A e molti campioni lanciati: «Zenga n.1 ma quei due derby col Torino...»
CHI È
Le squadre Nedo Sonetti ha allenato (alcune a più riprese) Viareggio, Casertana, Spezia, Cosenza, Samb, Atalanta, Udinese, Avellino, Ascoli, Bologna, Lecce, Monza, Torino, Cremonese, Brescia, Salernitana, Cagliari, Palermo, Ancona, Catania e Vicenza
Difficile trovare qualcuno come lui. L’uomo di calcio che visse due volte: calciatore quasi monogamo, così poche le maglie indossate da poterle davvero baciare; allenatore praticamente ovunque, dal nord al sud isole comprese. Se unisce i punti della sua carriera, Nedo Sonetti disegna un giro d’Italia che non ha eguali. Ottant’anni di vita e di calcio, compiuti oggi. «Sa come festeggio? Con il pallone», sorride il tecnico di Piombino. «Sto sui campi di mio figlio Cristiano. Calcetto, beach soccer; faccio l’arbitro, commento e critico come in tv. È il mio gioco. Un mondo a cui devo ciò che sono».
Gli inizi
Ricorda come fosse ieri quando è cominciato tutto. «Sono nato durante la guerra e da ragazzo le prime sfide erano una battaglia: le squadre erano bande, le partite sassaiole». Attaccante, centrocampista, infine difensore; Piombino, poi Spezia e tanta Reggina prima di chiudere alla Salernitana. «In Calabria 5 anni indimenticabili, affrontando campioni quali Bettega e Boninsegna». Elencare tutte le squadre allenate da Sonetti è complicato, visto che ha lavorato da Udine a Cagliari, da Monza a Palermo. «Ho collezionato 8 promozioni (5 in A con Atalanta, Udinese, Ascoli, Lecce e Brescia, ndr), con 7 campionati vinti e il passaggio in C1 con lo Spezia. Sono fiero della finale di Coppa Italia con l’Atalanta contro il Napoli e dei due derby vinti all’andata e al ritorno col Torino. Sono passati 25 anni: mai più successo». Carattere forte, Sonetti. Capace di amicizie come quella con Gino Corioni: «Mi telefonò a Ferragosto, ero al mare senza contratto dopo aver vinto il campionato con il Lecce. “Delinquente, cosa fai?“, mi disse. “Vieni a Brescia, dobbiamo parlare“. Mi misi in viaggio e vincemmo il campionato con Hübner e Stroppa, i Filippini, Galli, Zanoncelli e Mero: gli diedi il soprannome di Sceriffo».
I suoi talenti
In quarant’anni da tecnico di talenti ne ha lanciati tanti. «Nell’Atalanta avevo Stromberg e Donadoni, straordinario. Ma è nella Samb che ho scoperto Zenga. Un purosangue: lo dissi subito a Beltrami, quando mi chiamò per l’Inter: “È nato per essere il n.1“. Ero sicuro di non sbagliarmi».