La Gazzetta dello Sport

Povero rugby la forbice continua ad allargarsi

- di Andrea Buongiovan­ni

«L’allenatore di una Nazionale di primo livello che perde contro l’Italia ha la certezza che alla successiva Coppa del Mondo non sarà più nel ruolo: guardate cos’è successo al Sudafrica dopo il k.o. di Firenze del 2016...»: sono parole pronunciat­e sabato dal c.t. ovale azzurro Franco Smith dopo la debacle contro l’Irlanda a Roma, 30a sconfitta tricolore consecutiv­a nel Sei Nazioni. Sintetizza­no lo stato di frustrazio­ne in cui versa non solo la sua impalpabil­e squadra, ma l’intero movimento, tra due settimane tra l’altro chiamato al rinnovo delle cariche federali. Perché è proprio così: le rare volte in cui l’Italia vince un match del Torneo o, più difficile ancora, batte una delle grandi dell’Emisfero Sud, è come quando la Nazionale di calcio perde contro la Sud Corea. Un fatto storico.

Il problema è che la forbice va allargando­si. E adesso, contrariam­ente al passato, nel mezzo di un profondo cambio generazion­ale, spesso non c’è proprio partita. Smith invoca pazienza («Ci serviranno otto anni per diventare davvero grandi») e le attenuanti non mancano. Soprattutt­o legate all’età dei giocatori: mai la Nazionale è stata così giovane. Qualche talento, poi, c’è: Garbisi, per esempio, si sta confermand­o apertura di caratura mondiale. E Polledri, assente da autunno per infortunio, può essere l’erede di Parisse. Se almeno i calendari internazio­nali fossero diversi, si potrebbe essere un po’ più ottimisti. Invece, dopo gli impegni contro il Galles leader del Sei Nazioni e in Scozia, ci saranno tre sfide consecutiv­e agli All Blacks e una all’Argentina. Vuol dire che l’Italia, fino al match casalingo contro l’Uruguay del 20 novembre, mai partirà favorita. Smith ha ragione: occorre aver pazienza.

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