ORO INTER
Da Bastoni fino a Lukaku Gli 11 titolari di Conte valgono mezzo miliardo
Una nuova era La squadra negli ultimi mesi è cresciuta, non solo in campo
Il tecnico ha trovato il giusto incastro e la squadra si è rivalutata Dal boom di Barella e Bastoni al nuovo Eriksen tornato a stupire
Antonio Conte è una goccia che scava la pietra. Se c’è una dote che pure il peggiore dei nemici gli riconosce, quella è la capacità testarda di modellare ciò che ha attorno. Il tecnico interista plasma a sua immagine i giocatori. Li migliora nella testa, nei piedi e pure nei polmoni. Perché convinti da un’idea, perché rapiti dalla leadership o, semplicemente, perché sfiniti da quel continuo martellamento nelle orecchie, tutti o quasi finiscono per seguirlo alla lettera: diventano soldati, uomini in missione. Così il sergente Conte, con metodi spicci ma efficaci, finisce per alzare il livello della truppa, quindi il valore della squadra. Questa Inter in crescita verticale ne è un esempio evidente: il valore sommato degli undici titolarissimi è cresciuto fino al mezzo miliardo, non una cifra banale in questa epoca di turbolenze societarie. Ai tanti che ora stanno riflettendo sull’idea di entrare nel pacchetto azionario, non dispiacerà sapere che la capolista vale una fortuna. Per merito del tecnico, certo, ma non solo.
Che boom
Questo primato ha tanti padri: è stato alimentato dalle scelte dell’a.d. Beppe Marotta in tandem con il d.s. Piero Ausilio quando le casse di Suning erano ancora aperte e si poteva investire su un progetto ambizioso. Ma l’impronta finale in questa stagione potenzialmente esaltante l’ha messa proprio Conte, il moltiplicatore delle ambizioni nerazzurre. Osservare Nicolò Barella per conferma: era un talento (costoso) arrivato tra mille speranze dalla Sardegna, ma in un anno e mezzo è diventato uno dei centrocampisti più ammirati del continente. Alessandro Bastoni, perfetto in questo 3-5-2 altamente automatizzato, si è poi preso l’Inter con una velocità sorprendente: in lui il tecnico ha intravisto da subito il miglior traghettatore possibile della palla dalla difesa in avanti. Non solo marcatura, ma anche pensiero verticale: sin dai primi passaggi davanti ad Handanovic, tutti hanno fissa in testa l’idea di arrivare alla porta avversaria nel più breve tempo possibile. Alla fine, sia il mediano ex Cagliari sia il difensore ex Parma hanno visto lievitare la loro quotazione: valgono 60 milioni l’uno, nonostante un mercato frenato dal Covid, e la sensazione è che la cifra sia destinata a crescere ancora. Soprattutto se, oltre al nerazzurro, brillerà addosso anche l’azzurro: quei due sono tra i gioielli più luccicanti dell’Italia di Mancini. Là davanti Conte ha poi assemblato una ditta dal nome armonioso, eppure terrorizzante per tutta la A: la LuLa vale una fortuna sia in campo (31 gol in due finora) sia fuori (almeno 160 milioni in coppia). Romelu Lukaku è stato il desiderio primario del tecnico arrivato a Milano: pur di averlo nell’estate 2019, Conte ha subito battuto i pugni, anche a costo di rischiare la prima crisi con la dirigenza. Quanto abbia avuto ragione, superfluo anche dirlo: il belga pagato tantissimo (80), a colpi di gol e spallate, ha perfino gonfiato il suo valore di una decina di milioni. Lautaro, invece, è una pregiata eredità dell’epoca Spalletti: nei fatti, il Toro ha già rinnovato, silenziando ogni sirena attorno a sé, ma il suo nuovo status è ormai certificato da quel prezzo sul cartellino, decisamente superiore ai 60 milioni.
Ieri e oggi
C’è chi arriva da lontano, addirittura dal 2012: Handanovic, capitano e leader silenzioso. E chi è nuovo in questi luoghi, come Hakimi, l’ultimo grande investimento Suning: raramente 40 milioni sono stati spesi meglio. Oggi Achraf costerebbe pure di più, visto che ha già infranto tanti autovelox italiani. Senza scordare le in
tuizioni passate: Stephan De Vrij, arrivato a 0 nel 2018, oggi è un top da 40 milioni. La scorsa estate l’Inter si sarebbe privata di Skriniar solo per una sessantina sonante: il Tottenham non è arrivato a quell’altezza e, visto il rendimento dello sloveno, Conte dovrebbe ringraziare il vecchio nemico Mou.
Scavare la pietra
A inizio stagione i pezzi era sparsi sul tavolo della Pinetina, sei mesi dopo il puzzle dell’Inter è definitivamente finito. Ivan Perisic era una di quelle tesserine introvabili, invece ora si incastra perfettamente sul bordo di sinistra: varrà pure meno degli altri, ma sta stupendo per continuità. Non quanto il connazionale Brozovic, scopertosi un regista di sostanza e applicazione: lo pagarono 8 milioni appena sei anni fa, adesso ne vale ancora tra i 30 e i 35. Christian Eriksen, invece, merita come sempre un discorso a parte: era un Amleto danese in cerca di sé, ora è un principe del centrocampo. Una certezza nell’11 titolare. Era stato messo in vendita teatralmente, ora si è di colpo allontanato dal mercato. Il suo valore, però, risente ancora dei mesi difficili messi alla spalle e da uno stipendio altino (7,5 milioni), al momento facilitato dal Decreto Crescita. Soprattutto con lui Conte ha usato il martello e ha vinto: questo scudetto da mezzo miliardo può arrivare così, scavando la pietra.