La Gazzetta dello Sport

La centrale unica, l’authority, la bolla: la riforma sparita

I club e le «raccomanda­zioni» Fmsi accantonat­e C’era anche una struttura per i rapporti con le Asl...

- v.p.

Si fa presto a dire protocollo. Il problema è l’incrocio di interpreta­zioni che lo attraversa­no. Per fare un esempio: il Torino non ha «giocato» il jolly per rinviare la partita con il Sassuolo, peraltro non l’avrebbe potuto fare (ha 8 giocatori positivi e non raggiunge quindi il minimo di 10), è stata la Lega a decidere. Poi: le Asl. Gravina l’ha detto anche ieri: «I loro comportame­nti difformi sono un problema». Proprio per tutto questo, negli ultimi mesi, la Lega aveva deciso di irrobustir­e il protocollo. Il presidente Dal Pino e l’ad De Siervo studiarono attentamen­te le proposte della Federazion­e Medico-Sportiva presentate dal suo numero 1, Maurizio Casasco, peraltro allora anche consiglier­e indipenden­te di Lega. 19 pagine di «raccomanda­zioni medico-sanitarie per la Lega serie A».

No centrale unica

Il documento è andato però a sbattere sul muro dei club. C’è chi si è messo di traverso sulla centrale unica dei tamponi, che in una prima fase tutti avevano sposato, «un’unica società-laboratori­o centrale di riferiment­o che sia garanzia di omogeneità», peraltro ripetutame­nte invocata dai medici sociali anche in primavera, ai tempi della prima ripartenza. C’è chi ha storto il naso di fronte al rilancio dell’idea della «bolla» com’era già avvenuto la scorsa primavera. Altro che Nba. Ma le «raccomanda­zioni» entravano anche nella carne del problema, il complicato rapporto con le Asl. Non per bypassarlo, ma per riuscire in qualche modo a governarlo. A rileggere alcuni passi viene in mente che anche nei casi più recenti sarebbe stato molto utile.

L’indicazion­e era quella di chiedere al Ministero della Salute «una figura di riferiment­o che sia di coordiname­nto e indirizzo nei confronti di ciascuna ATS/ASL locale al fine di garantire uniformità di indicazion­i e prescrizio­ni alle diverse Società per svolgere il ruolo di interlocut­ore per tutto il sistema profession­istica». Secondo la Fmsi «tale figura centrale demanderà alle diverse ATS/ ASL locali la gestione della quotidiani­tà ricevendo feedback costanti ed aggiornati».

Niente Authority

Ovviamente questa corsia Ministero-calcio era tutta da costruire. Nulla di scontato. Ma intanto era stato ideato uno strumento che sarebbe intervenut­o con grande velocità, garantendo un approccio «terzo», la famosa Authority. «Un organismo di riferiment­o attivo 24 ore (con mail e telefoni dedicati all’interno della Lega Serie A per il coordiname­nto e la gestione di ogni necessità e/o emergenza)». Necessità ed emergenze che in quel periodo, eravamo in autunno, cominciava­no a moltiplica­rsi di nuovo. L’Authority, c’è poco da fare, significav­a una minima cessione di sovranità, diremmo quasi di servizio, da parte dei club. Funzionale però ad avere un modello di risposta alle emergenze più avanzate. Morale della storia: in assemblea, Casasco provò a spiegare i contenuti delle «raccomanda­zioni», ma una lunga serie di distinguo e «vorremmo ma non possiamo», bloccò tutto. E rimase in vigore l’attuale (e un po’ acciaccato) protocollo.

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