L’azzurro Talotti il tumore, le nozze e l’ultimo salto
Beppe e Alessandro, una vita insieme: «Un giorno mi disse: la bella notizia? Il figlio in arrivo. La brutta? Ho un tumore»
Alessandro mio compagno di camera. Ho vinto anche grazie a lui
Beppe Gibilisco sull’amico Talotti
Giuseppe Gibilisco e Alessandro Talotti hanno condiviso gioie e dolori, vittorie e sconfitte. Prima da atleti, compagni in Nazionale, e poi da uomini e padri. Sempre a rincorrersi al telefono per tenere accesa un’amicizia nata quando erano juniores, giovani promesse della nostra atletica. Volevano volare. E ce l’hanno fatta: Beppe con l’oro mondiale 2003 e il bronzo olimpico 2004 nell’asta, Alessandro è arrivato alla finale olimpica 2004 nell’alto. Racconta Beppe: «Io a 18 anni vivevo e mi allenavo a Formia. Alessandro veniva spesso al campo con i gemelli Ciotti. Sono quelle amicizie che nascono spontanee. Che non ti lasciano più. Così, in Nazionale, io e Ale abbiamo condiviso spesso la camera. Parlavamo di tutto. Poi, quando gli veniva sonno, chiudeva il discorso con una battuta. Sapeva togliermi l’ansia della gara, come a Firenze nel 2005 prima della Coppa Europa che vinsi. Sarebbe bello e opportuno che la Nazionale lo ricordasse il 29 e 30 maggio proprio in Coppa».
In giro per il mondo
Beppe e Alessandro da grandi hanno girato il mondo nei meeting di Diamond League: «Mi ricordo quando a Doha andammo a una festa vestiti con i camicioni degli emiri. Nelle hall degli alberghi lo vedevo sempre comprare o vendere abito, un paio di scarpe, un souvenir. Lo chiamavo il “contrattatore”. Era solo un modo per stringere amicizie, parlare, rilassarsi. Tranquillo e sorridente, gli volevano bene tutti. E io lo guardavo e mi mettevo a ridere da solo, in un angolo». La carriera di Beppe è stata sfregiata da una scandalosa squalifica per tentato doping, sconfessata da sentenze penali e sportive con assoluzioni piene. Nessuno, allora, urlò al complotto. Beppe, all’apice della carriera, fu abbandonato da tutti. «Ma Alessandro non mi lasciò. Lui, Longo, Collio, i Ciotti, Mariani, Margesin e un amico giornalista mi chiamavano ogni giorno per confortarmi. Mi hanno dato la forza e sono tornato a fare un’altra finale olimpica grazie a loro. Alessandro era lì con me, a Pechino 2008, quando strappai la qualificazione all’ultimo salto. Di rabbia».
Notizia bella e brutta
Un’amicizia così, non poteva finire con le gare: «Macché, ci siamo sentiti sempre. Migliaia di messaggi, lui rispondeva “Top” quando c’era qualcosa che gli piaceva, come le avventure sul mio deltaplano. E poi ci piaceva parlare di politica sportiva, dell’atletica di oggi. Fino a quando, un giorno, a un certo punto troncò il discorso dicendomi: “Ho una notizia bella e una brutta”. “Comincia dalla bella, gli dissi”. “Io e mia moglie aspettiamo un bambino. La brutta è che ho un tuun more. Sentivo male allo stomaco e…».
Beppe da quel momento non ha mai smesso di pensare ad Alessandro. Lo scorso gennaio è andato a Udine per abbracciare l’amico: «Quando l’ho visto mi veniva voglia di stringerlo forte. Non l’ho fatto perché lui, un cristiano alto 1.90, di 80 chili, era diventato fragile. Ma solo esternamente. Dentro aveva sempre un coraggio da leone ed è stato lui a rincuorarmi: “Lotterò fino alla fine, dove arriverà il tumore ci sarò anche io a fermarlo. Beppe, tranquillo, sono al Top”. È andata avanti tra alti e bassi». Alessandro con la moglie Silvia e il figlio Elio al suo fianco. E l’amico Beppe a pregare, ogni giorno, perché non fosse l’ultimo della loro amicizia: «Giovedì gli ho mandato un messaggio: “Ciao fratello JJ. Ti voglio bene, amico mio”. Lo chiamavo così perché Alessandro da ragazzo faceva il dj e si faceva chiamare JJ, Jumping Joker. Ho guardato il telefono tutto il giorno, ma il messaggio risultava non letto. Al mattino mi sono alzato e ho preso il telefonino. Ho trovato due cuori… Il Bobo, nostro amico comune, mi aveva detto che Alessandro era sedato, ma aveva trovato la forza di rispondermi. Fino alla fine un leone, un amico, un fratello. Domani sarò a Udine per salutarlo ancora. Ora lasciami piangere…».