La Gazzetta dello Sport

Ora salta lassù

- di Andrea Buongiovan­ni

Alessandro Talotti non c’è più. L’ex saltatore in alto azzurro, dopo una battaglia di quindici mesi condotta con enorme coraggio, sabato notte si è arreso. Friulano, aveva compiuto 40 anni in ottobre e pochi giorni dopo era per la prima volta diventato papà, di Elio. In gennaio, visibilmen­te provato, ma pieno del solito, travolgent­e entusiasmo, era stato tra gli organizzat­ori di Udine Jump, riuscitiss­imo meeting indoor di solo alto, ormai prestigios­o appuntamen­to fisso del calendario internazio­nale, con ospite anche il leggendari­o Javier Sotomayor. Ecco, quel che più resta nei ricordi di chi ha avuto la fortuna di conoscere e di frequentar­e Alessandro, di chi ne ha seguito la carriera in pedana e la successiva parabola, di chi sino a poco tempo fa ha ricevuto nonostante tutto i suoi messaggi whatsapp pieni di cuoricini, di pollicioni e di “Top”, è il suo sorriso, la sua cordialità, la sua voglia di fare, il suo inesauribi­le desiderio di progettare, di guardare avanti, vulcano sempre attivo di idee e di iniziative.

Un sognatore

Un personale di 2.32, due partecipaz­ioni olimpiche (finalista ad Atene 2004), più presenze a Mondiali ed Europei con un quarto posto continenta­le a Monaco di Baviera 2002 con lo stesso 2.27 dello svedese Staffan Beach, di bronzo, il suo amore per il salto in alto e per l’atletica tutta - dal 2012 al 2016 è stato anche consiglier­e federale in quota atleti - lo portavano a sognare in grande. E, nel contempo, a essere molto concreto. Come quando ha scelto di raccontare per filo e per segno le tappe della sua malattia. Dall’operazione all’intestino del marzo 2020, passando per i tanti, tantissimi cicli di chemiotera­pia, sino ai giorni più difficili. Anche in simili circostanz­e pensava positivo: inviava fotografie scattate durante i trattament­i e si sentiva investito di un ruolo: «Credo sia utile rendere pubblico il mio pensiero affinché possa essere di aiuto a coloro che oggi stanno affrontand­o la loro sfida - aveva scritto sul Messaggero Veneto poco più di un anno fa -: sia essa la semplice e noiosa quarantena o il rischio di vivere un malessere vedendo il bicchiere mezzo vuoto. Vorrei dire a chi vede tutto nero che anche riuscire a bere un bicchiere d’acqua con una fettina di limone quando sono potuto tornare a sorseggiar­e in modo normale, senza sentire dolore o fastidio, è stato un sogno che si è realizzato. Adesso mi sembra sempre la cosa più buona che ci sia. È così, quando si torna a deside- rare il “normale”».

L’eredità

JJ, come gli piaceva farsi chiamare, smessi i panni dell’atleta, si era laureato e insegnava alla Facoltà di Scienze Motorie, si era diplomato in fisioterap­ia, andava al campo a seguire giovani da plasmare e recentemen­te era stato anche confermato delegato Coni di Udine. Ogni giorno un impegno da onorare, un programma da realizzare, una proposta da sottoporre. Toccherà a Silvia, triestina sei volte iridata nel pattinaggi­o artistico su rotelle, sua moglie da dieci giorni, sopportare il dolore e far capire a Elio che bella figura sia stata il suo papà. «Buonanotte Angelo mio scrive - grazie per tutte le cose spettacola­ri che abbiamo vissuto assieme. Grazie per il dono più grande che mi hai lasciato. Grazie per esser stato sempliceme­nte te stesso. Ti amo ora e per sempre». A lei, anche La Gazzetta dello Sport, si unisce in un forte abbraccio virtuale.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy