Vinca o perda Federer resta magico
Ci sono partite di tennis che segnano in maniera indelebile intere stagioni per il nome dei protagonisti e il valore del torneo. E poi c’è lui, Roger Federer, uno degli dei dello sport che torna a calcare la terra battuta alla soglia dei 40 anni in un grigio martedì. Torna Roger e i riflettori illuminano uno spoglio campo di Ginevra dove il re incrocia la racchetta contro un modesto comprimario spagnolo. Non conta il nome dell’avversario e il risultato finale, niente potrebbe togliere o aggiungere alla sua grandezza. Di sicuro non vedevamo l’ora di ammirarlo nuovamente in azione pur sapendo che la lunga sosta avrebbe inevitabilmente lasciato pesanti scorie nel fisico, nella testa e nel braccio. Lui, che all’inizio della carriera sembrava addirittura distante, poco propenso a cedere alla passione, lontano dal rapporto caldo che uno scambio di emozioni è capace di regalare, inevitabilmente con il passare del tempo si è avvicinato al pubblico e si è portato nel ristretto club delle leggende. Il campione svizzero ha rinsaldato il legame usando la versatilità e la possibilità di attingere senza soluzione di continuità nella sacca dove ripone l’intero campionario del tennis condito da classe e intelligenza. Nel suo gioco c’è la magia del talento che obbliga gli spettatori a sgranare gli occhi. Bentornato Roger e a questo punto diventa ozioso discutere e parlare del risultato di ieri. Vorrei piuttosto parlarti a quattr’occhi e dirti: «Tu sei libero sotto tutti i punti di vista, ma dovrai a breve decidere cosa fare da grande: non puoi limitarti a fare l’ambasciatore del nostro sport». Roger è di tutti perché sa toccare l’anima e resterà per sempre il capitale umano più rispondente alla nostra idea di divinità sportiva. Anche se oggi ha perso al primo turno nel torneo di Ginevra.