Parla Italiano «Una salvezza che vale doppio»
Il tecnico è incerto sul suo futuro «Il Sassuolo? Prima voglio parlare con la nuova proprietà, poi deciderò»
Il miracolo Italiano. Oppure: lezioni d’Italiano. O anche, ripensando al pomeriggio liberatorio: un esaltante sabato Italiano. L’allenatore dello Spezia si gode il momento e la dolce condanna di avere un cognome che attira i giochi di parole. Non sarà stata «un’impresa epica» come ha detto subito dopo aver battuto il Torino, certo è che questa salvezza ha qualcosa di straordinario, è come se la festa per la prima promozione in A si fosse dilatata per un anno. E lui, Vincenzo Italiano siciliano nato in Germania, cosa fa? Lascia sul più bello?
▶ La stanno cercando in tanti, a cominciare dal Sassuolo. «Aspetto di parlare con la nuova proprietà, vorrei sentire cosa dicono, che progetti hanno. Tutti siamo ambiziosi. E comunque ho ancora un altro anno di contratto. È la stessa situazione di una stagione fa».
▶ La clausola di un milione di euro in caso di risoluzione unilaterale del contratto?
«L’ha voluta la società, non penso sia una problema».
▶ Il voto in caso di salvezza: a piedi dallo stadio Picco a Portovenere. Sono poco più di 12 chilometri, non vi siete sprecati molto…
«Un fatto simbolico. Spero di non essere solo, di avere tanti tifosi con me».
▶ A proposito: all’inizio, in B, c’era scetticismo verso un allenatore giovane e un progetto ridimensionato.
«Per la verità, lo scetticismo c’era anche prima della A quando tutti ci davano per spacciati con un esordiente in panchina.
Poi ho convinto la gente e ho scoperto una passione che non mi aspettavo».
▶ Sulle magliette celebrative c’è scritto “A ne ghe credo!”. Come si dice in siciliano?
«Come in italiano: lo capiscono tutti...».
▶ Vale più la salvezza o la promozione in A?
«La promozione non era programmata, la salvezza era insperata e vale il doppio perché conquistata in condizioni critiche con una squadra molto giovane».
▶ Su, non si pianga addosso... «No di certo, ma è vero che siamo partiti tra difficoltà incredibili, subito dopo aver giocato i playoff, senza fare amichevoli, con 34 giocatori in rosa e 21 debuttanti. Ma il giorno del raduno ne avevo solo 16 disponibili. Poi il Covid, il fatto di dover giocare a Cesena le prime gare interne... Senza contare la cessione societaria proprio nel mezzo del mercato, potevamo avere qualche rinforzo in più e invece è arrivato solo Saponara, che è stato determinante».
▶ Cosa l’ha colpita della sua prima Serie A?
«La fisicità dei giocatori, l’organizzazione delle squadre, la velocità a cui viaggia il pallone. Da giocatore me la ricordavo così, non è cambiata molto».
▶ Ha detto prima dell’inizio del campionato: «Per salvarsi servono organizzazione e identità di gioco. Le partite si vincono quando si gioca meglio dell’avversario».
«Confermo: sapere cosa fare, riconoscersi in campo, aiuta molto. Il cuore non basta».
▶ Superlega? No, Superliguria: ancora tre squadre in A. Non male considerato il rapporto con gli abitanti, un milione e mezzo.
«Orgoglioso di aver dato il mio contributo».
▶ Difesa alta e costruzione dal basso: risultato, vi siete salvati con 70 gol presi. Record tra i 5 maggiori campionati europei. «Sì ma non dimentichiamo i 50 segnati. Non ho dogmi: posso anche giocare con due attaccanti e un difensore in più. È utile tenere il baricentro alto, per diversi mesi siamo stati la squadra che ha fatto più fuorigioco con tanto possesso palla. Poi ho cercato l’equilibrio».
▶ Zemaniano nell’animo?
«Sì, mi piaceva anche da giocatore. È stato una grande fonte di ispirazione. A partire dal modulo, il 4-3-3».
▶ L’altro maestro: Prandelli.
«Il primo a darmi fiducia quando ero giovane. Ci sono molte analogie tra quel Verona e lo Spezia: squadra giovane, che vince la B e poi si salva».
▶ Quando ha capito che la salvezza era possibile?
«Dopo le due vittorie con Sassuolo e in casa col Milan: in quel momento abbiamo iniziato a crederci, è cresciuta l’autostima. Ora abbiamo due punti in più rispetto all’andata».
▶ Sì, ma prima del Torino solo 3 pareggi in 6 partite.
«Un calo avuto da tutte le squadre, siamo stati bravi a restare a galla».
▶ Quando è stato pessimista? «All’inizio, dovevamo capire la categoria».
▶ Pirlo, ex regista come lei, suo compagno a Coverciano: ha avuto una stagione difficile. «Andrea ha fatto bene ad accettare questa sfida, cercherà di crescere, ama la Juve. Certe critiche mi sono sembrate un po’ ingenerose».
▶ Non sempre la gavetta serve per un allenatore?
«Non c’è un modo solo per arrivare in alto».
▶ Impressioni dei Platek, che hanno appena debuttato al Picco?
«Persone squisite, lo Spezia è in buone mani».
Abbiamo avuto un inizio terribile con una squadra giovane e 21 al debutto
L’avevo detto, per restare in Serie A bisogna giocare bene, il cuore non basta
V. Italiano