La Gazzetta dello Sport

SCELTA GIUSTA NEL SEGNO DEL MERITO

- Di Stefano Barigelli

Scelta migliore Malagò non avrebbe potuto fare. Jessica Rossi e Elia Viviani sono due olimpionic­i, hanno regalato all’Italia medaglie d’oro importanti in due discipline su cui l’Italia ha costruito medaglieri in tantissime edizioni dei Giochi. Insomma hanno tutti i requisiti sportivi, e non solo, per rappresent­are la squadra azzurra che andrà a Tokyo. Nei giorni scorsi erano spuntate altre candidatur­e, come quella della pallavolis­ta Paola Egonu, con un forte valore simbolico. Un’atleta notevole, intendiamo­ci, che però con la maglia azzurra non ha ancora conquistat­o un oro olimpico, come invece i due portabandi­era. Ci auguriamo succeda presto, magari già in Giappone, ma per adesso è così. Non sfugge a nessuno, tantomeno alla Gazzetta, la simbolicit­à di una designazio­ne della Egonu. Riteniamo però che ricondurre una scelta così significat­iva al quasi esclusivo tema della multietnic­ità sia sbagliato. Il primo e tuttora più forte messaggio antirazzis­ta è arrivato dallo sport, nel 1936, quando Jesse Owens stravinse davanti a Hitler, il dittatore che in nome della supremazia della razza sterminò milioni di ebrei, rom, uomini, donne e bambini di colore. Il pugno alzato di Tommie Smith e John Carlos ai Giochi messicani del ’68 rimane uno dei gesti più iconici e potenti della battaglia afroameric­ana per affermare i propri diritti negli Stati Uniti. E anche il recentissi­mo Black lives matter ha avuto nello sport la più efficace cassa di risonanza.

Ma il senso dei portabandi­era è un altro. Oltreché rappresent­ativi della squadra azzurra, devono anche aver contribuit­o a fare la storia dell’Italia alle Olimpiadi. Contano i meriti sportivi. Altri requisiti non devono entrare. Essere un’atleta donna o di colore non deve essere assolutame­nte un discrimine, ci mancherebb­e. Ma non deve neppure diventare un requisito. Così come non può esserlo la mediaticit­à. Arrivo a dire, anzi, che l’onore di portare la bandiera dovrebbe casomai premiare quegli atleti di cui il Paese si ricorda solo due settimane ogni quattro anni. Che non hanno sponsor personali, che non hanno giornalist­i che li assediano con le richieste di interviste. Che prendono poco e danno invece molto. Il nostro medagliere è pieno di storie così. Alle Olimpiadi del 2016 a Rio la portabandi­era fu Federica Pellegrini, caso più unico che raro di mediaticit­à, capacità di rappresent­are un’intera squadra, valore assoluto mondiale. Ma di Pellegrini ne abbiamo una nella nostra storia olimpica. Gli ori del nuoto sono relativame­nte recenti. Nell’atletica, l’altra disciplina olimpica per eccellenza, non conquistia­mo un oro da Pechino 2008, tra l’altro con Schwazer, un uomo a cui è stata negata fino all’ultimo la possibilit­à di ripresenta­rsi nonostante la giustizia abbia accertato l’innocenza. Il ciclismo è al secondo posto dietro alla scherma nella classifica degli ori vinti dall’Italia alle Olimpiadi. Il tiro, sia a volo che a segno, ha salvato spesso i nostri numeri ai Giochi. Ricordare tutto questo non solo durante o subito dopo la fine dei Giochi, ma anche prima, al momento di scegliere i portabandi­era, mi pare giusto. Quando premi chi l’ha meritato non sbagli mai.

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 ??  ?? ... di bandiera Elia Viviani, oggi 32 anni, dopo l’oro dell’Omnium conquistat­o ai Giochi di Rio 2016
... di bandiera Elia Viviani, oggi 32 anni, dopo l’oro dell’Omnium conquistat­o ai Giochi di Rio 2016
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Prove... Jessica Rossi, oggi 29 anni, con al collo l’oro olimpico di Londra 2012 nel tiro a volo

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