I fondi all’assalto
L’operazione Oaktree-Inter è l’ultima tappa di un’invasione in atto: quella dei fondi d’investimento nel calcio, e nello sport in generale. La pandemia ne ha accelerato il processo perché in un settore dove girano tantissimi soldi, ora c’è un gigantesco problema di liquidità. Ed è qui che intervengono i fondi di private equity: mettere a disposizione il denaro che al momento manca e far fruttare quell’investimento sostanzialmente in due modi, con i rendimenti derivanti da tassi di interesse elevatissimi e/o con la valorizzazione di ciò che si finanzia-compra, attraverso cambi di governance tesi a una gestione più redditizia.
Elliott su tutti
È un fenomeno tuttora in divenire. E non c’è un solo modus operandi, anche perché il Covid ha offerto opportunità impensabili fino a qualche anno fa. Se guardiamo alle principali operazioni relative ai club europei l’esempio più clamoroso ce l’abbiamo in casa: il fondo d’investimento “attivista” Elliott proprietario del Milan. Un percorso, quello del fondo gestito dalla famiglia Singer con un patrimonio di 41,8 miliardi di dollari, che non è stato quello tipico delle acquisizioni sportive. Elliott è diventato azionista di riferimento del Milan nel 2018 escutendo il pegno sulle azioni detenute da Li Yonghong, destinatario di un prestito da 180 milioni e poi rivelatosi inadempiente. Un’operazione di soccorso, come quella propiziata da Elliott stesso per il Lilla (Ligue 1), il cui patron Gerard Lopez non era più in grado di onorare i debiti contratti con Elliott e con la banca d’affari Jp Morgan. Fatto sta che ora il Lilla è passato a Merlyn Advisors (attraverso la filiale Callisto), fondo gestito dall’italiano Barnaba e dall’olandese Petermann e «specializzato nelle cosiddette special situations come spinfondi off, fusioni e acquisizioni, società in bancarotta o in sofferenza in Europa». La stessa specializzazione, guarda caso, del ben più grande Oaktree (153 miliardi di dollari di asset in gestione) che prima di soccorrere l’Inter ha comprato il Caen, squadra di Ligue 2, assieme a Pac Invest, socio di minoranza con l’obiettivo di creare una rete di squadre in Europa.
La rete globale City
Se escludiamo le recenti acquisizioni del Burnley (Premier League) da parte di Alk Capital e del Tolosa (Ligue 2) da parte di RedBird, gli altri interventi dei nell’azionariato dei club riguardano quote in minoranza. E qui il significato è principalmente un altro: compartecipare ai risultati di realtà in espansione. Il caso di punta è quello del City Football Group, la conglomerata globale di club costruita attorno al Manchester. Lo sceicco Mansour si è fatto affiancare dal consorzio di China Media Capital (13%), fondo supportato dal governo cinese e, più recentemente, dal fondo statunitense Silver Lake che per avere il 10% del City ha speso 500 milioni di dollari nell’ambito di una ricca campagna acquisti che spazia dalle arti marziali miste al rugby. Altri top club hanno fondi d’investimento tra i soci di minoranza. È una prassi per quelli quotati in Borsa: il fondo Lindsell Train detiene l’11% della Juventus, il 19% del Celtic Glasgow e il 28% del Manchester United; Idg Capital ha in mano il 20% del Lione. Partecipazioni ormai datate. Lindsell è entrato nel capitale bianconero nel 2012. Allargando il discorso alle proprietà dei club, è fresco l’accordo tra Fenway Sports Group, proprietario del Liverpool (e dei Boston Red Sox), e la RedBird: 735 milioni di dollari per una partecipazione minoritaria.
Bundesliga stop
I fondi d’investimento hanno messo le mani sulle squadre ma non ancora sulle leghe. In un sistema dalla marcata intermediazione (i diritti tv della Champions sono gestiti dall’Uefa, quelli dei campionati top dalle rispettive leghe) le opportunità di guadagno stanno soprattutto a monte. Ecco spiegato il forte interesse verso quote di quel business. Solo che la Bundesliga ha appena rinunciato alla cessione di una quota di minoranza delle due nuove controllate che dovranno gestire i diritti sui dati e quelli internazionali: erano interessate una trentina di società di private equity. Ed è stata congelata (e chissà se riprenderà mai) la trattativa tra la Lega Serie A e il consorzio Cvc-Advent-Fsi che aveva offerto 1,7 miliardi per il 10% della futura media company.