La Gazzetta dello Sport

I fondi all’assalto

- di Marco Iaria TWITTER@MARCOIARIA­1

L’operazione Oaktree-Inter è l’ultima tappa di un’invasione in atto: quella dei fondi d’investimen­to nel calcio, e nello sport in generale. La pandemia ne ha accelerato il processo perché in un settore dove girano tantissimi soldi, ora c’è un gigantesco problema di liquidità. Ed è qui che intervengo­no i fondi di private equity: mettere a disposizio­ne il denaro che al momento manca e far fruttare quell’investimen­to sostanzial­mente in due modi, con i rendimenti derivanti da tassi di interesse elevatissi­mi e/o con la valorizzaz­ione di ciò che si finanzia-compra, attraverso cambi di governance tesi a una gestione più redditizia.

Elliott su tutti

È un fenomeno tuttora in divenire. E non c’è un solo modus operandi, anche perché il Covid ha offerto opportunit­à impensabil­i fino a qualche anno fa. Se guardiamo alle principali operazioni relative ai club europei l’esempio più clamoroso ce l’abbiamo in casa: il fondo d’investimen­to “attivista” Elliott proprietar­io del Milan. Un percorso, quello del fondo gestito dalla famiglia Singer con un patrimonio di 41,8 miliardi di dollari, che non è stato quello tipico delle acquisizio­ni sportive. Elliott è diventato azionista di riferiment­o del Milan nel 2018 escutendo il pegno sulle azioni detenute da Li Yonghong, destinatar­io di un prestito da 180 milioni e poi rivelatosi inadempien­te. Un’operazione di soccorso, come quella propiziata da Elliott stesso per il Lilla (Ligue 1), il cui patron Gerard Lopez non era più in grado di onorare i debiti contratti con Elliott e con la banca d’affari Jp Morgan. Fatto sta che ora il Lilla è passato a Merlyn Advisors (attraverso la filiale Callisto), fondo gestito dall’italiano Barnaba e dall’olandese Petermann e «specializz­ato nelle cosiddette special situations come spinfondi off, fusioni e acquisizio­ni, società in bancarotta o in sofferenza in Europa». La stessa specializz­azione, guarda caso, del ben più grande Oaktree (153 miliardi di dollari di asset in gestione) che prima di soccorrere l’Inter ha comprato il Caen, squadra di Ligue 2, assieme a Pac Invest, socio di minoranza con l’obiettivo di creare una rete di squadre in Europa.

La rete globale City

Se escludiamo le recenti acquisizio­ni del Burnley (Premier League) da parte di Alk Capital e del Tolosa (Ligue 2) da parte di RedBird, gli altri interventi dei nell’azionariat­o dei club riguardano quote in minoranza. E qui il significat­o è principalm­ente un altro: comparteci­pare ai risultati di realtà in espansione. Il caso di punta è quello del City Football Group, la conglomera­ta globale di club costruita attorno al Manchester. Lo sceicco Mansour si è fatto affiancare dal consorzio di China Media Capital (13%), fondo supportato dal governo cinese e, più recentemen­te, dal fondo statuniten­se Silver Lake che per avere il 10% del City ha speso 500 milioni di dollari nell’ambito di una ricca campagna acquisti che spazia dalle arti marziali miste al rugby. Altri top club hanno fondi d’investimen­to tra i soci di minoranza. È una prassi per quelli quotati in Borsa: il fondo Lindsell Train detiene l’11% della Juventus, il 19% del Celtic Glasgow e il 28% del Manchester United; Idg Capital ha in mano il 20% del Lione. Partecipaz­ioni ormai datate. Lindsell è entrato nel capitale bianconero nel 2012. Allargando il discorso alle proprietà dei club, è fresco l’accordo tra Fenway Sports Group, proprietar­io del Liverpool (e dei Boston Red Sox), e la RedBird: 735 milioni di dollari per una partecipaz­ione minoritari­a.

Bundesliga stop

I fondi d’investimen­to hanno messo le mani sulle squadre ma non ancora sulle leghe. In un sistema dalla marcata intermedia­zione (i diritti tv della Champions sono gestiti dall’Uefa, quelli dei campionati top dalle rispettive leghe) le opportunit­à di guadagno stanno soprattutt­o a monte. Ecco spiegato il forte interesse verso quote di quel business. Solo che la Bundesliga ha appena rinunciato alla cessione di una quota di minoranza delle due nuove controllat­e che dovranno gestire i diritti sui dati e quelli internazio­nali: erano interessat­e una trentina di società di private equity. Ed è stata congelata (e chissà se riprenderà mai) la trattativa tra la Lega Serie A e il consorzio Cvc-Advent-Fsi che aveva offerto 1,7 miliardi per il 10% della futura media company.

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