L’Inter show chiude con la manita
Young, Eriksen, Lautaro, Perisic e Lukaku: cinque gol a una tenera Udinese
Quota 91... e 89 Antonio Conte ha superato i 90 punti e l’attacco conclude a 89 reti
L’Inter chiude in gloria. Sommerge di gol l’Udinese – che in gennaio al Friuli l’aveva costretta allo 0-0 - e può dire di aver battuto tutte le altre 19 squadre di Serie A, almeno una volta tra andata e ritorno. La dimostrazione di uno strapotere. Antonio Conte supera quota 90 punti, chiude a 91. L’Inter può fregiarsi del titolo di miglior difesa, appena 35 gol subiti, e finisce con 89 reti segnate, terzo miglior attacco nella storia nerazzurra in Serie A, dopo il 1950-51 (107)e il 1949-50 (99). Numeri importanti. La partita di ieri è stata un “divertissement”, la cornice perfetta per la festa scudetto dentro e fuori San Siro, anche se a celebrazioni finite striscia un sottile malessere. Nella domenica dell’apogeo, ci si chiede che cosa deciderà Conte tra oggi e domani, quando incontrerà Steven Zhang. Sarebbe un peccato interrompere quest’Inter.
Tutto facile
L’Udinese si è calata in pace dentro San Siro. Linee allentate, mentalità vacanziera. Soltanto Becao se l’è presa a cuore e ha battagliato con Lautaro in duelli cattivi, anzi stonati visto il clima gaudente. Young ha sbloccato lo 0-0 dopo un triangolo con Lautaro “sporcato” da Bonifazi. Eriksen - subentrato a
“cristallo di Boemia” Sensi, fuori per l’ennesimo infortunio muscolare – ha raddoppiato su punizione grazie a una barriera compiacente, apertasi tra Okaka e Becao. Due a zero all’intervallo e ripresa luna park. Lautaro ha segnato su rigore, Perisic ha fatto poker con una gran botta, Lukaku ha messo dentro a sua insaputa su una carambola del palo. Eriksen, impietosito, ha colpito il pallone con un braccio “alto” in area e Pereyra ha trasformato il relativo penalty arrivato via video.
Niente di nuovo
La partita non ha detto nulla che già non si sapesse. L’Inter viaggia su strade conosciute e sicure, con le aperture sulle fasce e le ripartenze, alte o basse che siano. Anche ieri, in una gara di dominio assoluto, ha lasciato agli avversari il primato del possesso palla e ha tenuto un baricentro medio molto basso. L’Inter è come un’onda che viene e che va, si ritrae e riparte. Il “contismo” ha attecchito nella mente di tutti i giocatori, ogni pallone è vitale. Casomai c’è da interrogarsi sugli interpreti. Per esempio, dopo ieri ci sembra abbastanza chiaro come Pinamonti non possa andare oltre il ruolo di quarta punta, a essere benevoli. Bisognerebbe parcheggiarlo altrove nella speranza di farlo sbocciare, e un altro attaccante andrebbe acquistato. Poi Young, in partenza per fine contratto. Ha quasi 36 anni ed è logico lasciarlo libero, ma varrebbe forse la pena di proporgli un’altra stagione, non fosse altro che per l’esperienza internazionale. C’è una Champions da riaffrontare e non sappiamo quanto Dimarco, possibile nuova entrata nella batteria degli esterni, sia competitivo fuori dai confini nazionali. L’Inter sarà costretta a un mercato “francescano”, senza sciali né lussi. Il primo passo sarà decisivo: Conte o non Conte, questo è il problema. Se l’allenatore accettasse di rimanere, impianto e mentalità non verrebbero smantellati, e l’Inter squadra resisterebbe alla crisi finanziaria dell’Inter società.