La Gazzetta dello Sport

LUKAKU PIANGE E RIVUOLE CONTE

Oggi il vertice tra il tecnico e Zhang Il suo vice: «Serve un progetto top»

- di Conticello, Stoppini, Vernazza

Anche i giganti conoscono le lacrime. Dopo tante battaglie, dopo mille botte prese e altrettant­e date, dopo 24 reti e una coppa che luccica nel cielo di San Siro, Romelu Lukaku si è finalmente sciolto: non avrebbe voluto, ma ha pianto per la promessa onorata a chi non c’è più. Per il primo vero successo della vita, lungamente atteso e lungamente festeggiat­o. Lui, l’uomo che possiede le chiavi dei sogni interisti, ieri vagava per il campo tra coriandoli nerazzurri e spumante con una maglietta bianca, quasi spaesato da tanta gioia. Cercava gli abbracci più intensi: quello con Lautaro, il fratellino con cui ha terrorizza­to la Serie A e che conosce da vicino l’animo gentile di Rom. E, soprattutt­o, l’abbraccio con Antonio Conte, allenatore e maestro. Quei due si sono scelti un paio di anni fa e insieme hanno trovato la via del trionfo: il generale Antonio comanda dalla panchina, il soldato Lukaku esegue in campo. È come se il belga fosse diventato la cinghia di trasmissio­ne del pensiero del tecnico. Vista l’intesa mai provata in carriera, Romelu non vorrebbe certo separarsi ora sul più bello. Per questo, dopo la premiazion­e, ha usato parole mirate e a Conte saranno fischiate le orecchie: «L’anno scorso ci siamo andati vicini, ma quest’anno siamo stati più bravi. Abbiamo fatto un grande step e sono veramente orgoglioso di giocare per questa squadra. Speriamo che adesso si possa aprire un ciclo, dobbiamo goderci questo momento e adesso pensare all’Europeo. Ma quando torniamo, dobbiamo essere più forti». Come a dire, il ciclo è appena iniziato e ora si può solo migliorare. Ovviamente, a patto che Conte rimanga: Lukaku conosce le regole di ingaggio, rispetta le decisioni che cadono sopra alla sua testa, ma ha sempre pensato che non sarebbe lo stesso giocare per un altro allenatore.

Per i nonni

Romelu pensa che non sarebbe lo stesso giocare per un altro allenatore

Mentre tutti ricevevano le medaglie dello scudetto in maglia nerazzurra, Romelu era curiosamen­te vestito di bianco. Non era un vezzo, ma amore e nostalgia: le foto dei suoi nonni erano impresse sulla sua maglietta. Con questa scritta in aggiunta: «Per sempre nel mio cuore Belesika Ikalamusi e Jean Bolingoli. Vi voglio bene e mi mancate». Poi lo stesso Rom ha spiegato il perché di questa dedica: «Non volevo piangere, ma l’emozione è stata troppo forte. Quando mio nonno è morto nel 2005 gli ho promesso che avrei vinto qualcosa e ci sono riuscito». Eccolo il patto di sangue onorato con numeri da mille e una notte: Lukaku ha segnato 24 gol in questo campionato, si era arrampicat­o più in alto solo nel 2016-17 con l’Everton, quando era arrivato a 25. L’ultimo, il 16esimo centro a San Siro (il doppio di quelli realizzati in casa nello scorso campionato), è stato il più semplice e banale: è bastato aspettare la palla sbattergli addosso dopo il palo di Alexis. «Ma ci vuole qualità pure in questo...», ha scherzato il numero 9 nerazzurro.

Lacrime e attesa

Quando a fine partita hanno chiesto a Hakimi se fosse lui il cocco di Conte, il marocchino ha alzato le spalle e allargato il sorriso: «No, quello è solo Romelu...». Insomma, la preferenza è alla luce del sole e nessuno ne è geloso, anzi su quest’asse nascono le fortune nerazzurre: «Rome-lu-Con-te» è il coro intonato dai compagni, una divertente presa in giro durante i festeggiam­enti. In realtà, il belga è cocco pure dei tifosi: è stato osannato con cori continui per ore davanti a San Siro prima del match e an

che dopo, quando tutta la squadra si è affacciata dalla Torre 4. Da lassù, con un pubblico sterminato ai suoi piedi, Rom ha impugnato la maglia nerazzurra e l’ha baciata una decina di volte. Un movimento ripetuto, teatrale, altamente simbolico: non fosse chiaro, è ormai una seconda pelle. Lukaku ha pure notato che nell’hotel di fronte, tra le tante bandiere, ne sventolava pure una del Congo, il Paese dei suoi genitori a cui è legatissim­o: apprezzato anche questo dettaglio. Di certo, al momento l’idillio non è soltanto suo, ma pure dei tanti compagni riusciti a volare oltre alle difficoltà stagionali. Lo stesso Hakimi, una volta sostituito, ha indicato in favore di telecamera prima il logo interista e poi l’erba. Sembrava il più classico dei “io resto qui”, ma poi l’esterno marocchino ha fatto l’esegesi del gesto: «Voleva dire che i campioni d’Italia siamo noi. Qui all’Inter sono molto contento, ma non so cosa accadrà l’anno prossimo». A corredo, pure Christian Eriksen non ha dato certezze sul domani: «Ora voglio solo pensare a festeggiar­e in campo, poi vedremo il futuro. L’obiettivo è vincere un altro scudetto. La mia carriera non è così lunga, anche un anno è già tanto...», ha scherzato il danese. Di certo, tutto o quasi passerà dalla decisione di Conte, attesa come il giudizio universale: finita la festa e asciugate le ultime lacrime di gioia, il cerino resta solo tra le mani del tecnico.

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 ??  ?? Capitan Handanovic alza il trofeo dello scudetto Conte, qui sotto, se lo coccola
Capitan Handanovic alza il trofeo dello scudetto Conte, qui sotto, se lo coccola
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Lautaro “consola” Lukaku, in lacrime durante la festa
GETTY La commozione della Lu-La Lautaro “consola” Lukaku, in lacrime durante la festa
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Capitan Samir Handanovic alza la coppa dello scudetto, tra champagne, lacrime di gioia e maglie celebrativ­e
GETTY La squadra sul palco Capitan Samir Handanovic alza la coppa dello scudetto, tra champagne, lacrime di gioia e maglie celebrativ­e

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