Due rigori di Kessie piegano l’Atalanta: secondi e coppa più ricca dopo 7 anni
Due rigori danno la Coppa ai rossoneri, al termine di un match di sacrificio. Dopo il k.o. in Coppa Italia, l’Atalanta di Gasp deve accontentarsi del terzo posto
Nel giorno dell’anniversario della Champions 2007, della vendetta ateniese di Pippo Inzaghi sul Liverpool, il Milan rientra nel suo giardino, nell’Europa dei grandi. Dopo 7 lunghi anni. Questa volta la doppietta la firma Franck Kessie, un ex ragazzo del Gasp, il miglior rossonero della stagione, protagonista ieri di una partita mostruosa. Un rigore per tempo, nel finale, per coronare una prova di grande sacrificio, vissuta in gran sulle barricate. Il giovane Milan di Pioli, celebrato tante volte per la sua spensieratezza, è uscito adulto da un bosco di sofferenza, come negli antichi riti di iniziazione. Adulto e secondo in classifica. Dopo la finale di Coppa Italia persa in settimana, una nuova beffa per l’Atalanta di Gasperini. Ma fino a certo punto. Il terzo posto in campionato (davanti alla Juve per gli scontri diretti) e, soprattutto, la terza qualificazione di fila in Champions, danno alla stagione un sapore trionfale.
Capolavoro Pioli
La qualificazione Champions è stato il capolavoro di Pioli, primo protagonista per distacco. Da Bergamo a Bergamo. Il 22 dicembre 2019 prese 5 gol e sembrava già l’ex allenatore del Milan, il predecessore di Rangnick. Quella batosta spinse Elliott ad autorizzare l’operazione Ibra. Pioli abbassò la testa, continuò a lavorare e attorno a Zlatan ha costruito il suo capolavoro. Si è strappato dalle suole, come un chewingum, il destino da mister incompiuto. Oggi Stefano Pioli è un’altra cosa. Ha dato al Milan un’identità tecnica che non è mai venuta meno ed è stata la sua forza perché ha dato sicurezza a una squadra giovane, anche nei momenti di difficoltà. Pioli ha tenuto a lungo la squadra in testa alla classifica, ha messo in fila 27 partite da imbattuto e quando, nel girone di ritorno le cose si sono complicate, ha saputo rialzare la squadra dopo ogni caduta. La partita di ieri, strappata con i denti, mentre piovevano i gol della Juve a Bologna, è stato il definitivo test di maturità.
Gigante Kessie
Primo tempo sofferto, frenato dalla tensione davanti a un’Atalanta più spigliata, decisa a diparte fendere il suo secondo posto storico: 62% di possesso dei bergamaschi all’intervallo, ma senza mai tirare in porta. Segno che, pur nella sofferenza, il Milan ha saputo difendersi bene, arroccato attorno all’ottimo Kjaer e a un monumentale Kessie che chiude ovunque. Pioli urla di continuo, sposta le pedine come uno scacchista perché
la squadra sembra paralizzata dalla paura e, purtroppo per lui, i più impiantati sono i più importanti: Theo Hernandez che dovrebbe rialzare la squadra e Calhanoglu che dovrebbe illuminarla. L’Atalanta sembra il pugile che mulina il guantone in attesa di scaricarlo al primo spiraglio, ma tarda a farlo, pecca nella rifinitura e si becca un colpo d’incontro. Theo questa volta affonda come nei giorni belli e l’ingenuo Maehle lo stende: Kessie segna un rigore che è oro puro (43’). Gasp riparte con Muriel e continua ad attaccare. Il Milan sa difendersi e soffrire ancora. E sa ripartire al momento giusto: stampa un palo con Leo e strappa un altro rigore che chiude i conti al 48’. Un brutto pugno di De Roon a Krunic avvelena il finale. Poi la festa di Pioli e dei suoi ragazzi adulti. Una festa meritata anche da Paolo Maldini e da una società che ha ritrovato la giusta empatia e ha mostrato sempre comportamenti opportuni: nessuno ha mai rincorso l’arbitro a bordocampo, nessun furbo del tamponcino, Pioli ha
giocato senza 7 uomini contro la Juve e ha sempre gestito l’emergenza (da Ibra in giù) con compostezza, nessuno si è lamentato delle feroci motivazioni di un Cagliari già salvo.
Dea in festa
Giustamente ha fatto festa anche l’Atalanta con i suoi tifosi perché tre qualificazioni Champions di fila con l’11° monte ingaggi sono un’impresa unica, quasi come quella del Leicester di Ranieri. Ma dire che da qui allo scudetto il passo è breve non è corretto e neppure onesto nei confronti di Gasperini. Questa Atalanta non poteva e non potrebbe fare di più. Quel «poco che manca» di cui tutti parlano in realtà è molto e può essere colmato solo alzando la qualità individuale in tutti i reparti. Nelle rotazioni in mediana deve entrare uno del livello di De Paul o Milinkovic; accanto a Romero deve difen
dere uno di simile valore; l’alternativa mancina a Gosens deve avere la stessa qualità; in attacco serve una punta esterna che salti l’uomo come faceva il vero Papu. Naturalmente gli ottimi Percassi hanno tutto il diritto e tutte le ragioni a non squilibrare un sistema economicamente virtuoso, ma allora è onesto chiedere al Gasp solo divertimento e un posto in Europa. Con l’11° monte ingaggi non si vincono gli scudetti. A meno che un’Atalanta come questa giochi 38 partite perfette, oltre alle coppe. Ma è possibile? C’è tempo per progettare il futuro. Ora è giusto festeggiare. E il fatto che la beffa sia arrivata da Kessie, un ex, non deve dispiacere. È proprio grazie a questi talenti che la Dea è diventata grande.