Bremer testa d’oro
Al centro del Toro c’è un gladiatore che fa anche i gol Miglior granata della stagione per continuità e rendimento. Ed è il centrale che ha segnato di più in Serie A
el suo primo giorno granata arrivò a Bormio, l’allora sede del ritiro estivo, a tarda sera, accompagnato in auto da Torino. Era il nove luglio 2018: cappellino di ordinanza sopra quel sorriso solare e uno sguardo tutto da scoprire. Non conosceva una parola di italiano, ma qualche giorno più tardi rapì la curiosità dei cronisti facendosi mettere insieme tre parole da Ichazo, il secondo portiere che è stato per lui un amico e un interprete: «Diventerò importante per il Toro», bisbigliò quasi sotto voce con quella sua naturale timidezza che non tradisce la feroce determinazione. Gleison Bremer non lo conosceva nessuno. In questi giorni è tornato in Brasile per le vacanze, per riabbracciare la famiglia che non vede da due anni, con una valigia piena di ricordi, esperienze e una crescita spaventosa che lo ha portato ad essere uno dei migliori difensori centrali della Serie A.
NIl migliore
La prefazione è stata di Walter Mazzarri, che un giorno di tre anni fa, dopo qualche settimana passata ad osservarlo, in allenamento si lanciò senza esitazione: «Gleison è un ragazzo speciale e un calciatore forte: se lavorerà come si deve, ha le potenzialità per diventare un top», fu l’investitura che da talento da scoprire lo fece diventare un predestinato. Mazzarri attese il momento giusto per il debutto, nel derby di quel girone di ritorno culminato con la qualificazione in Europa. Bremer fece un figurone. L’esplosione
ci fu l’anno dopo con Moreno Longo, che su di lui scommise ad occhi chiusi. Giampaolo prima, Nicola dopo, sono stati i tecnici che lo hanno accompagnato verso la consacrazione. Il resto lo ha fatto lui, Gleison, ragazzo di un’educazione rara con un’etica del lavoro sorprendente. Ha scalato gerarchie, si è conquistato tutto un pezzo per volta, ha catturato le attenzioni di tanti osservatori, fino a diventare un trascinatore. Quest’anno è stato il migliore del Toro.
Quel vizio favoloso
Mentre il club si aspettava la crescita di Lyanco, ha assistito dentro casa all’esplosione di quest’altro brasiliano. Perché Bremer ha abbinato continuità e solidità: dal debutto di Firenze alla battaglia di Roma contro la Lazio è stato costantemente al top. Un gigante, spesso stoico, tante volte impeccabile: è stato il The Wall granata, l’uomo al quale si deve un pezzo di salvezza. I grandi duelli del campionato lo hanno esaltato, e lui ha collezionato scalpi tra i grandi centravanti della Serie A: ha fermato Ronaldo, frenato Lukaku, spento Simy, limitato Vlahovic. È stato il baluardo del Toro anche nei momenti più duri. E sempre correttissimo: due sole ammonizioni in trentatré partite. Torino è diventata la sua città: qui è nata la sua prima figlia, è amico di tutti nella comunità evangelica, nel tempo libero frequenta una palestra di boxe,
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arte che usa per allenare la rapidità di gambe. Dopo pochi mesi aveva imparato l’italiano, grazie a una docente che lo raggiungeva a casa: era il prerequisito per iscriversi alle lezioni di tattica di Mazzarri. E poi i gol, 5 quest’anno: è il centrale che ha segnato di più in Serie A. Il terzo bomber granata dopo Belotti (13) e Zaza (6), alla pari con Sanabria. Scontato che nella rifondazione il suo nome figuri tra gli intoccabili. È giovane, forte, esemplare nei comportamenti settimanali. L’identikit è perfetto: c’è tutto per poter ambire a diventare il capitano di un futuro lontano. 3’45’’