La Gazzetta dello Sport

Serie A, fabbrica di gol e ufficio di collocamen­to per sempre più giocatori

- di Gianfranco Teotino

La Serie A è il campionato dei gol a raffica. La tendenza non si inverte, anzi si accentua. Sarà per via della costruzion­e dal basso (nel bene, soprattutt­o, e nel male), sarà per via dei cinque cambi, sarà per via della mancanza del pubblico che toglie un po’ di concentraz­ione, sarà per eccesso di calci di rigore concessi, sarà per un mix di tutti questi fattori, il fatto è che nell’edizione 2020-21 si è raggiunta la soglia delle 1.160 reti realizzate in 380 partite. Se si consideran­o i tornei a 20 squadre, nella storia del calcio italiano soltanto due volte si era segnato di più, una settantina di anni fa: nella stagione 1949-50 si arrivò a quota 1.265 e in quella immediatam­ente successiva a 1.192. Non solo: con una media di 3,05 gol a partita la Serie A diventa il torneo più prolifico dell’Europa del calcio che conta. Superata anche la Bundesliga, in testa l’anno scorso, che è scesa a una media di 3,03 (era arrivata a 3,21), distanziat­e nettamente Ligue 1 (media 2,76), Premier League (2,69) e la noiosissim­a Liga spagnola di questa stagione (2,51).

Se si allarga lo sguardo a tutti i campionati profession­istici europei, quest’anno soltanto nei tornei di prima divisione di Islanda e Norvegia si è segnato più che in Serie A. Le statistich­e aiutano soltanto in parte a capire le ragioni di questo exploit, che peraltro fa seguito a un quinquenni­o di continue escalation di realizzazi­oni. Due gli indicatori da non trascurare. Intanto i rigori assegnati: si è scesi sì a 150 rispetto ai 187 della scorsa stagione, dove si era registrato l’impazzimen­to dei penalty concessi per qualsiasi tocco di mano e di braccio, anche se palesement­e involontar­io, ma la media di 0,39 a partita resta superiore allo 0,37 spagnolo, allo 0,36 tedesco e allo 0,33 inglese, soltanto in Francia se ne danno di più (media 0,42); numeri peraltro in crescita un po’ in tutta Europa, probabile effetto Var. Poi le reti segnate nei minuti di recupero del secondo tempo: il 5,26% del totale, rispetto al 4,89% inglese, al 4,63% tedesco, al 4,09% spagnolo, anche qui solo in Francia la percentual­e è più alta (5,52%). Del resto, la Serie A è il torneo dove gli allenatori sfruttano di più la possibilit­à di fare cambi: 4,32 di media rispetto ai 5 possibili; in Spagna 4,27, in Germania 4,15, in Francia 4,13, in Inghilterr­a 2,68 sui 3 possibili.

C’è invece sicurament­e molto poco di cui vantarsi, soprattutt­o per le conseguenz­e che ha sulla situazione economicof­inanziaria dei club, per l’altro primato della Serie A: quello del totale dei giocatori utilizzati. Nel 2020-21 siamo arrivati a 619, con 9 squadre che ne hanno mandati in campo più di 30 (il Parma, ultimo in classifica, 42 addirittur­a). In Francia 585, in Spagna 582, in Inghilterr­a soltanto 532 e nessuna squadra di Premier ne ha messi in campo più di 30. Fanno riflettere pure le percentual­i degli stranieri impiegati: 64,6% in Serie A, 62,2% in Premier League, 60,1% in Bundesliga, 49,1% in Ligue 1 e 39,5% nella Liga. Così come il numero dei prodotti dei settori giovanili arrivati a giocare in prima squadra: 105 in Spagna, 92 in Francia, 81 in Inghilterr­a, 70 in Italia. In Germania addirittur­a 125. Con due squadre in meno. La Serie A rischia sempre più di diventare una casa di riposo per calciatori anziani.

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Ti do il 5 Lukaku e Young dopo il quinto gol all’Udinese all’ultima giornata
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