«Le sfide con Nibali al biliardino, Sagan, il mito Montalbano»
Una vita da gregario e ora il secondo posto: «Non baratto il podio con una vittoria di tappa»
Ei baffi, Damiano, dove sono finiti? «Erano diventati una responsabilità troppo grande. Facciamo parlare di me per quello che sono in bici, non per i baffi. E poi non c’è il tempo di curarli bene, mi sembrava di essere un po’ trasandato». Il sole illumina le Dolomiti sopra Canazei. Eppure Caruso da Marina di Ragusa, il professionista più a sud d’Europa, ha preso l’acqua in allenamento anche ieri mattina verso il Passo San Pellegrino. «Sono uscito da solo, due ore allegre per tenere la caldaia accesa. Sono andato dove dieci anni fa ero in ritiro con la Liquigas e tutto è cominciato. È stato un momento incredibilmente bello, le montagne innevate a destra e sinistra, sentivo solo la bici e il mio respiro. Una bella cura antistress, da appassionato, non un lavoro». Damiano, diploma da geometra, ha cinque giornate per centrare uno storico podio al Giro. Lo scalatore della Bahrain-Victorious è secondo a 2’24” dalla maglia rosa Bernal, e il vantaggio di essere il più forte a cronometro dei rivali. Tricolore Under 23, pro’ in squadra con Sagan, Nibali, Viviani, compagno di lusso di Evans, Gilbert, Porte, Landa: 2° al Giro di Svizzera 2017, 2° alla Tirreno 2018, 10° e miglior italiano al Tour 2020. «E non baratto il podio con una vittoria di tappa, per quella posso provarci anche più avanti nella mia carriera. Il podio no, ho 33 anni, sto vivendo il momento e voglio raccogliere tutto».
▶ Caruso, lei guarda Bernal o si preoccupa dei rivali?
«Io guardo il faro, che è Bernal. Per salire sul podio devo concentrarmi su di lui, perché staccarmi da Egan il più tardi possibile vuol dire guadagnare su tutti gli altri. Bernal è di un altro pianeta, e attaccherà ancora. Bardet sta crescendo molto, Yates me lo aspetto a Sega di Ala. Ma io devo pensare soltanto a me stesso».
▶ Quanto si va forte in salita?
«Siamo sugli stessi valori del Tour de France 2020: Bernal ha battuto i record dello Zoncolan e del Giau, il ritmo in salita è altissimo e questo giustifica i distacchi».
▶ Che cosa le ha detto la squadra dopo la caduta di Landa?
«“Damiano, fai quello che sai fare. E divertiti”. Adesso inizio a capire che posso fare qualcosa di bello e importante».
▶ Se le dico Mastromarco, Pistoia?
«Io da dilettante vivevo nella stessa cascina in cui stava Nibali. Abbiamo tre anni di differenza: quando sono arrivato lì, Vincenzo era visto come la leggenda, era un Dio. Veniva a giocare con noi a biliardino anche quando era professionista e aveva casa a 200 metri da noi. E non accettava mai di perdere, lui è sempre stato molto orgoglioso e testardo, è la sua forza. Però quando perdeva noi lo obbligavamo a passare sotto al bigliardino».
▶ E se le dico Peter Sagan?
«Non lo puoi imitare, è l’esempio di un talento innato. I primi anni non mangiava o mangiava troppo, si allenava oppure no: poi andava alle corse e vinceva con una gamba sola. Una roba assurda: se io avessi fatto come lui, avrei già smesso».
▶ Lei è cresciuto a Punta Secca, i luoghi del Commissario Montalbano.
«Il mio motto? “Caruso, sono”. Mia cognata Letizia ha recitato in una puntata. Io mi affacciavo al balcone e vedevo Zingaretti nel suo camper, la troupe e gli attori che mangiavano. Questo era un borgo di pescatori diventato meta di pellegrinaggio tutto l’anno per una foto, un selfie, tutta l’economia della zona ruotava attorno ai film. Adesso che non ci sono più le riprese si è fermato tutto. In questi giorni la mia famiglia è lì, Ornella, Oscar, 6 anni, e Greta, uno e mezzo. Ci sono trenta gradi, Oscar sta imparando ad andare sul surf. Il mare per me è tutto: ho iniziato anche ad andare in apnea, riesco a stare 1’20” sott’acqua».
Bernal è di un altro pianeta e attaccherà ancora. Io devo pensare solo a me stesso
Il mio motto? Caruso, sono. Mi affacciavo da casa e vedevo Zingaretti e gli attori
Damiano Caruso