«È un rischio lasciare il club in cui sei amato Pensi a Sheva e Kakà...»
«I soldi non possono essere l’obiettivo principale Al Milan firmai in bianco: guadagnavo più a Parma»
Se Gigio ha reso al massimo, è anche perché l’ambiente lo ha aiutato
Arrigo Sacchi sulla crescita di Donnarumma
Non ha mai detto “Qui non mi trovo bene”. Anzi, ha baciato la maglia
Il caso Donnarumma scatena il dibattito. Il Milan ha preso un altro portiere, Maignan, e per Gigio non c’è più posto. I tifosi rossoneri si schierano (in maggioranza contro il portiere), il pubblico neutrale si forma un’opinione. Interviene anche Arrigo Sacchi, che conosce da tempo il ragazzo. «Parlo perché ho avuto modo di incontrare Donnarumma in diverse occasioni e ne ho ricavato l’impressione di un ragazzo più maturo della sua giovane età. Quindi le mie parole nascono un sentimento di stima nei suoi confronti. Stima come uomo e come giocatore. E tuttavia non posso nascondere il dispiacere per questo epilogo».
3Che cos’è accaduto, secondo
lei?
«Se lui si trovava bene al Milan, il club che lo ha fatto crescere e lo ha valorizzato, doveva restare. Nella vita esiste anche il senso di riconoscenza nei confronti di chi ti ha dato una possibilità importante e questa era l’occasione per dimostrarlo. Inoltre, cosa che non va dimenticata, il club gli aveva proposto un contratto ricco. Quindi mi chiedo: perché andare via? Perché forzare la situazione?».
3 Per ottenere ancora più soldi. Semplice, no?
«Ci sono esempi, restando nel mondo del Milan, che sono abbastanza significativi. Parlo dei casi di Shevchenko e di Kakà. Il primo, per i soldi, decise di andarsene al Chelsea. Il secondo, sempre per una questione economica, scelse il Real Madrid. Entrambi fallirono. Andare via da un posto dove sei amato è sempre un rischio. Io, francamente, non capisco come si possa lasciare il certo per l’incerto in nome del denaro».
3I soldi, in questo mondo impazzito, rappresentano un valore, una spiaggia sicura. Non crede che sia così?
«Porto un esempio personale. Quando andai dal Parma al Milan, nel 1987, firmai il contratto in bianco. Seppi a fine stagione, dopo aver vinto lo scudetto, che guadagnavo meno di quello che prendevo al Parma. Me lo disse Galliani e io gli risposi: “Bene così, vuol dire che non dovrò girare con le guardie del corpo...”. Io ero felice, non m’importava del denaro. E, soprattutto, non avevo rammarichi. Avevo scelto il Milan sulla base del progetto, delle emozioni che mi suscitava, non certo pensando ai soldi. I soldi sono importanti, ci mancherebbe altro, sono un riconoscimento al valore e alla professionalità, ma non possono essere al primo posto nel momento in cui si fa una scelta».
3La vicenda Donnarumma è stata una specie di tormentone, se n’è parlato per tanto, troppo tempo.
«Il club ha fatto le sue valutazioni, ha offerto un ingaggio importante e il portiere non ha deciso: questa è la realtà. A quel punto è ovvio che la società rivolga le proprie attenzioni verso altri soggetti, non può mica giocare senza portiere... Pensavo che Donnarumma scegliesse pensando più alla felicità personale che al portafoglio. Avrei capito se lui avesse detto: “Non mi trovo bene al Milan”. Allora sì che avrebbe dovuto andarsene. Ma mi pare che lui non abbia mai pronunciato queste parole e abbia sempre dichiarato l’amore per il club e per i colori rossoneri. Ha anche baciato la maglia, se ricordo bene... Quindi...».
3Quindi se ne va. Come ha dichiarato Maldini: «Le strade di Donnarumma e del Milan si separano. Bisogna avere rispetto per chi ha dato tanto al Milan. Non posso che auguragli il meglio».
«Anch’io gli auguro il meglio, ci mancherebbe altro. Però, se avesse fatto un’altra scelta, e cioè se avesse deciso di restare, avrebbe fatto un salto di qualità come persona: avrebbe dimostrato di non essere condizionato dal vil denaro. E, probabilmente, in futuro, non avrebbe avuto rimpianti. Così, invece, non so. I soldi non possono essere l’obiettivo principale per un professionista, ma una giusta e normale conseguenza».
3E adesso che cosa accadrà? Dove andrà Donnarumma? «Questo non posso saperlo. Una cosa, però, la so: lui è molto bravo, ha talento, è giovane e deve ancora migliorare tantissimo. Se al Milan ha reso al massimo, anche perché l’ambiente lo ha aiutato, non è detto che accada la stessa cosa da un’altra parte. Questo è un rischio».