GIGI RIVA «ITALIA, MANCINI ARMA IN PIÙ EUROPEO POSSIBILE»
«Questa Nazionale ha un gioco moderno, d’attacco Mi sarei divertito anch’io. Il c.t. umano come Valcareggi Segue e sostiene i giocatori, ha creato una famiglia»
Cinquantré anni dopo, Gigi Riva c’è ancora. C’era il 10 giugno 1968, finale dell’Europeo, in campo con l’amico Tarcisio Burgnich, un altro pezzo di vita condivisa che se n’è andato, una morte che ieri gli ha riempito gli occhi di tristezza. E c’era così tanto, quel giorno, che segnò dopo 12’ alla Jugoslavia: un po’ della sua prepotenza e in quel caso soprattutto furbizia, rapidità, il gol dell’1-0 che spezzò le gambe degli slavi e fece volare quelle degli azzurri. Ci sarà il prossimo 11 giugno, Italia-Turchia all’Olimpico, differenza di appena un giorno e la stessa voglia: di quel titolo, che da allora per noi è sempre stato solo un desiderio, a volte anche beffardo. Riva ci sarà ma davanti alla tv: «Perché le mie condizioni fisiche mi sconsigliano di uscire. Però non mi perderò una partita: ne ho “saltate” pochissime della Nazionale in questi anni, figuriamoci quelle di un Europeo». Si perderà dal vivo anche l’amichevole Italia-San Marino di domani sera, l’Italia di nuovo nella sua Cagliari: come nel 1971, quando in campo piovevano arance per protesta ma lui era infortunato; come nel febbraio 2005, Italia-Russia: giacca, spalle larghe e cuore da team manager di quella meravigliosa Nazionale che un anno dopo avrebbe accompagnato fino al Mondiale. «Il presidente Gravina, che conosco da allora, ha avuto un bellissimo pensiero: un invito nel preritiro della Nazionale o allo stadio, ma il regalo me lo aveva già fatto, riportando l’Italia a giocare qui. Voleva premiare la Sardegna, e Cagliari e il Cagliari lo meritavano. Ora speriamo che portino fortuna all’Italia».
3La
fortuna, nel 1968, fu ripetere la finale con la Jugoslavia: Italia trasformata rispetto all’1-1 di due giorni prima, trionfo. Il primo ricordo che ha davanti agli occhi, o in testa?
«La festa in campo e la mia festa personale, più tardi: in giro per Roma tutta la notte e poi, era già l’alba, andai direttamente in aeroporto per ripartire. All’inizio eravamo in tre o quattro, ma un bel pezzo di notte la feci per conto mio: era la mia prima grande vittoria, fra l’altro internazionale, e sentivo quasi il bisogno di stare da solo. Me la godevo di più».
3Cosa vi aveva dato l’Olimpico e cosa potrà dare a questa Nazionale?
«Stadio meraviglioso, tifosi meravigliosi: ricordo una spinta fantastica».
3Dei 35 gol in 42 partite che fanno di lei ancora oggi il miglior marcatore della storia della Nazionale, quello contro la Jugoslavia è forse quello che viene ricordato di più. Lei come lo ricorda? «Una palla calciata da Domenghini, un rimpallo, il pensiero di essere in fuorigioco, l’attenzione ad evitarlo. E poi ho tirato pensando solo a come angolare: mi è venuta una buona angolazione».
3 Trova un parallelo fra la squadra del 1968 e quella di Mancini?
«L’essere in Nazionale che fa un effetto particolare: c’era entusiasmo allora e c’è adesso, lo sento da come parlano i giocatori. In una carriera almeno un sapore unico c’è di sicuro: giocare con la maglia azzurra. Si attacca alla pelle e poi è difficile da staccare».
3Cosa le piace di questa Nazionale? «Mancini ha dato alla squadra un gioco giovane, moderno, un’impronta riconoscibile. È la sua Nazionale. Ha determinazione e entusiasmo nell’accogliere il messaggio dell’allenatore: si va in campo per vincere. Con un gioco che determina il risultato, non lo subisce».
3Gigi Riva avrebbe segnato tanti gol anche in questa Italia?
«Così mi mette in imbarazzo... Comunque sì, mi sarei divertito, perché è una squadra che attacca, che gioca in avanti: noi eravamo più copertura e ripartenza. Ma attenzione, questa non è un’Italia sbilanciata. Ha anche una buona difesa e un
gioco che sa “calcolare”: attaccare, ma senza scoprirsi troppo. E infatti prende pochissimi gol, no?».
3Una cosa di Mancini in cui rivede Valcareggi?
«Sì, c’è: Mancini ha impostato la sua gestione anzitutto sulla familiarità. È un tecnico che segue i giocatori, li sostiene umanamente, li stimola parlandoci. E poi ha esperienza, ha tante cose da dire: i giocatori lo sentono. Sono convinto che il vero segreto di questa squadra sia Roberto. E che il rinnovo del contratto dia ancora più serenità a lui e poi alla squadra: la Federazione ha fatto bene».
3E un attaccante di Mancini che le ricorda Riva? «Non mi piacciono i paragoni, ma mi piacciono gli attaccanti dell’Italia». 3Un uomo chiave di questa Nazionale ce lo dice? «Ho un debole per Barella, e si sa; Jorginho e Verratti la fanno “girare”. Ma questa squadra è un buon insieme, non c’è un giocatore che decide le partite da solo. E non l’ho mai vista in difficoltà, neanche nelle partite importanti». 3A proposito di test importanti: è un handicap il non aver mai potuto affrontare una big europea, in questi tre anni? «Oggi non vedo squadre scarse: devi giocartela con tutti. Ai miei tempi trovavi rivali deboli, non organizzate: oggi nessuno vuole fare la vittima, e non la fa nessuno».
3E il rinvio dell’Europeo può aver frenato un’Italia che un anno fa sembrava all’apice della sua crescita? «Quando si iniziano queste competizioni l’entusiasmo è lì, fuori dalla porta: basta aprirla». 3E Mancini ha detto che vuole vincere questo campionato europeo... «Roberto non ha esagerato, mica giochiamo per pareggiare... Bisogna provarci, e se lo dice lui gli credo e bisogna credergli: nessuno può dire cose più esatte di lui, su questa squadra».