La Gazzetta dello Sport

È tornato il solito leone Sulla rimonta del Toro c’è la firma di Armando

È stato sacrificat­o nelle difesa a 4 di inizio stagione, si è ripreso tutto con gli interessi: la svolta a Natale, poi un ritorno strepitoso. Pilastro della rifondazio­ne

- Di

desso che i rumori di quelle battaglie sono soltanto dei ricordi, che riaffioran­o di tanto in tanto tra i vicoli e le bellezze da togliere il fiato della sua Napoli, dove è rientrato per il primo spezzone delle vacanze, l’orgoglio lascia il campo a una umana soddisfazi­one, l’adrenalina a una serenità d’animo sorprenden­te. E allora, ora che sul film del campionato sono calati da qualche giorno i titoli di coda, si può scrivere senza paura di smentita che sulla rimonta del Toro c’è una firma grande così di Armando Izzo. In una stagione dai mille colori, vissuta tra le amarezze e gli equivoci tattici dei primi mesi, continuata con un ritorno prepotente dopo Natale, conclusa in un finale stoico nel quale, nonostante una sciatalgia che lo ha tormentato per settimane, ha sempre lottato a testa alta. È stato uno dei fantastici quattro: con Ansaldi, Bremer e Mandragora, un pilastro del blocco d’acciaio che è riuscito a spingere il Toro verso la decisiva rimonta nel girone di ritorno.

AMaturità acquisita

Non è stato affatto un viaggio semplice, ostacolato spesso da decisioni rispetto alle quali lui ha potuto essere solo spettatore. C’è stato un prima e un dopo nella sua stagione. Il prima è tutto ciò che è nato dall’idea estiva di ripartire da una difesa a quattro e dalla prospettiv­a che lui potesse provare a reinventar­si come terzino destro, ruolo che non praticava dai tempi delle giovanili. Il debutto in campionato, a Firenze, avviene proprio in questa posizione, ma ovviamente si capisce lontano un miglio che non può essere un gran bel film. Una delle qualità di Izzo è stata di rimanere sempre in silenzio, rispettoso delle decisioni tecniche. Si è solo e unicamente concentrat­o sul lavoro: poche parole, in una “dieta” che ha coinvolto, in quella fase, anche le apparizion­i sui social. È stato il segno lanciato all’ambiente di una maturità completame­nte acquisita a ventinove anni, compiuti a marzo. Anche

Stoico Non si è arreso alla sciatalgia: lo ha perseguita­to per mesi

quando in autunno il Toro si rifugia nella difesa a tre e lui ne resta fuori, continua a correre e a sudare al Filadelfia. La sua vera stagione comincia nel pomeriggio del dodici dicembre: subentra dopo l’intervallo contro l’Udinese, titolare otto giorni dopo contro il Bologna, sterza definitiva­mente nella notte di Napoli quando segna nello stadio della sua città. È la svolta di Natale, quel cambio di orizzonti e di prospettiv­e radicale: perché da quel momento, Izzo tornerà a essere ciò che, in fin dei conti, è sempre stato: un pilastro a cui non si può rinunciare a cuor leggero nel muro

Futuro Vinta una sfida, ne vuole subito aprire un’altra: riportare il Toro dove merita

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