La Gazzetta dello Sport

«La scelta giusta per Perez lui conosce già l’ambiente»

«Felice che un club come il Real avesse in lizza 3 nostri tecnici Mi auguro che sia un segnale verso un calcio più coraggioso»

- di Andrea Schianchi

Carlo Ancelotti nuovo allenatore del Madrid, sei anni dopo aver ricevuto il benservito (anche se con dispiacere) dal presidente Perez. E’ proprio vero: quando l’amore è profondo le storie non finiscono mai. Magari s’interrompo­no per un periodo, ma poi riprendono più emozionant­i di prima.

▶ Sacchi, lei che è stato maestro di Ancelotti ed è buon amico di Florentino Perez, che cosa pensa di questa scelta? «Sapevo che il Real Madrid aveva in mente alcuni nomi di tecnici italiani, e tra questi c’era pure quello di Carlo».

▶ Gli altri erano Conte e Allegri, giusto?

«Credo proprio di sì. Pensavo che Carlo stesse bene all’Everton, ma poi se arriva il Real v come si fa a dire no? Nella scelta è stato decisivo il fatto che Carlo conoscesse l’ambiente. Lui ha tanta esperienza, è un grandissim­o tecnico, ha vinto ovunque: Italia, Inghilterr­a, Germania, Spagna e Francia».

▶ L’Italia deve essere orgogliosa: tre tecnici di casa sono stati nella lista dei desideri del più importante club del mondo. «Io sono felice di questo, significa che il nostro calcio qualcosa di buono lo produce. Conosco bene la mentalità del Real Madrid, di cui sono stato direttore tecnico. So che cosa chiedono a un allenatore: non vogliono la vittoria senza merito, non vogliono trionfare attraverso la furbizia come spesso si fa in Italia. Mi auguro che esportare allenatori sia un passo verso un nuovo calcio: se la Spagna, negli ultimi dieci anni, ha vinto sei Champions (4 Real Madrid e 2 Barcellona, ndr.) e sette Europa League (4 Siviglia, 2 Atletico Madrid e 1 Villarreal, ndr.), e l’Italia è ferma a zero, vogliamo darci una svegliata? C’è bisogno di un calcio più coraggioso».

▶ Per Ancelotti essere richiamato dopo il licenziame­nto del 2015 è una rivincita.

«Carlo arrivò a Madrid nel 2013. Avevano l’ossessione della Decima Champions. Ricordo che dopo averlo ingaggiato Perez mi telefonò e mi disse: “Arrigo, gli hai spiegato che qui a Madrid dobbiamo essere padroni del pallone e del campo?”. Lo tranquilli­zzai e gli garantii che aveva fatto la scelta giusta: alla prima stagione vinse la Decima. E in quel trionfo la gente vide bellezza, dominio ed emozione. Poi la seconda stagione fu più altalenant­e, anche se portò a casa il Mondiale per Club, e ci fu il divorzio. Ma nel calcio sono cose che succedono».

▶ Il giudizio su lui allenatore? «Se dico che lo considero mio figlio, spero che non si arrabbi. L’ho voluto io al Milan nel 1987, anche se sapevo che aveva le ginocchia malmesse. Convinsi Berlusconi, gli dissi che con Ancelotti avremmo vinto lo scudetto. E in quella prima stagione ebbi modo di apprezzare le doti di umiltà di Carlo».

▶ Un episodio particolar­e? «Lui aveva già 28 anni, era nel giro della Nazionale. Un giorno Berlusconi mi disse: “Lei ha voluto un direttore d’orchestra che non conosce la musica”. Carletto non era ancora entrato nei meccanismi. Gli riferii la frase di Berlusconi e lui mi disse: “Cosa facciamo?”. “Semplice, - gli risposi – lezioni in più. Tu vieni al mattino, io chiamo i ragazzi della Primavera e proviamo tutte le situazioni che si possono verificare in partita”. Carlo, che avrebbe anche potuto mandarmi a quel paese, accettò con entusiasmo e s’impegnò più di prima. Questa è la sua forza. E poi è una persona affidabile in un mondo che non sempre lo è. E’ preparato, tenace, modesto. Avete mai sentito un suo giocatore parlare male di lui? Io no».

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Champions
La festa del Real Madrid per la decima vittoria in Champions nel 2014, a Lisbona contro l’Atletico Madrid (4-1 ai supplement­ari)
AFP La decima Champions La festa del Real Madrid per la decima vittoria in Champions nel 2014, a Lisbona contro l’Atletico Madrid (4-1 ai supplement­ari)
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