Paola corre nel mito
ADDIO IMPROVVISO LA SUA LOTTA IN PISTA HA PORTATO L’ATLETICA A MISURA DI DONNA
Si è sentita male a un evento a Castelporziano, il presidente Mattarella era appena andato via Soccorsa da Gibilisco è morta pochi minuti dopo
Chissà quante di loro lo sanno. Chissà quante delle centinaia di migliaia di donne (e non solo di donne a pensarci bene) che indossano le scarpette e vanno a correre oggi su strada, al parco o su una pista ciclabile conoscono il debito di riconoscenza che le lega a Paola Pigni, scomparsa ieri all’età di 75 anni. La storia, e quella dello sport non fa eccezione, è fatta di donne e uomini capaci di cambiare un po’ di mondo. Paola Pigni era fra questi, ma non solo per quella medaglia olimpica del 1972 a Monaco al termine di una coraggiosa rimonta o per quei tre titoli mondiali di corsa campestre (anche se il primo lo vinse quando ancora si chiamava Cross delle Nazioni), o ancora per il record del mondo stabilito sulla pista dell’amata Arena di Milano sui 1500 metri. Un’Arena che ha sulla coscienza
Paola, figlia di un tenore e di una soprano, un allenatore innovatore come Bruno Cacchi per marito, è stata una scintilla, una scossa, un aprire una porta dopo l’altra, tante quante le sue gare, gli inizi con i 100 e i 200 metri fino al debutto addirittura da maratoneta, in una San Silvestro del 1971 a Roma, corsa in 3 ore e 43 secondi. È come se di una lingua fino ad allora sconosciuta, quella della corsa delle donne, la Pigni avesse inventato la grammatica e pubblicato il vocabolario. Nel suo rivendicare il diritto di correre, e di correre a lungo, c’è la passione di una rivoluzionaria dello sport. Una patente che non è fatta solo di numeri. «Per trovare un senso allo sport non serve il record del mondo. Ognuna di noi ha un suo record del mondo da battere - scrisse in un articolo sulla Gazzetta per celebrare i suoi 70 anni - Dobbiamo combattere quel senso di fragilità e di inadeguatezza che a volte ci blocca». La verità è che i suoi chilometri come le bracciate di Novella Calligaris e leggermente più tardi i salti di Sara Simeoni, fecero entrare la donna italiana