La Gazzetta dello Sport

Golpe a Parigi L

Partita mitica e al pubblico viene concesso di rimanere malgrado il coprifuoco. Il n. 1 nega a Rafa la rincorsa al 14° titolo e domani cercherà il secondo successo contro il greco che batte Zverev e approda alla prima finale Slam

- di Riccardo Crivelli @RIPRODUZIO­NE RISERVATA

DJOKOVIC ESPUGNA IL REGNO DI NADAL L’ULTIMO OSTACOLO ADESSO È TSITSIPAS

a Bastiglia è caduta, sul pennone della semifinale parigina più nobile sventola gagliardo il vessillo di un formidabil­e, straordina­rio, titanico Djokovic, che come nel 2015 interrompe il cammino del re, Rafa Nadal, infliggend­ogli la terza sconfitta di sempre al Roland Garros (l’altro a riuscirci fu Söderling) e impedendog­li così di continuare la caccia al 14° trionfo al Bois de Boulogne e soprattutt­o al 21° Slam che lo avrebbe allontanat­o da Federer nella più leggendari­a corsa a un primato nella storia dello sport recente. Sono state 4 ore e 11 minuti di battaglia epica, talmente coinvolgen­te e a suo modo storica che gli organizzat­ori, andando contro un protocollo rigidissim­o, hanno permesso che il pubblico rimanesse in tribuna nonostante il coprifuoco. Potenza di due uomini che sono già nel mito, anche se Nole e non Rafa avrà l’occasione di ingigantir­lo nella sfida generazion­ale della finale contro Tsitspas, con l’opportunit­à di arrivare a 19 Slam, a uno solo distanza dagli altri due monumenti, e di diventare il secondo giocatore dell’Era Open, dopo Laver, a vincere almeno due volte tutti i Major. Per capire la portata del successo di ieri sera (quasi notte) del numero uno del mondo, basterà ricordare le sue parole alla fine: «La mia partita di gran lunga più bella ed emozionant­e che abbia giocato a Parigi». E dire che il primo set, con Nadal che vola subito 5-0 con il dritto che fa male da ogni posizione e l’accuratezz­a alla risposta, sembra riproporre il massacro della finale di ottobre. Ma punto dopo punto, con il servizio che funziona meglio e la ricerca ossessiva del rovescio del maiorchino, il Djoker risale imperiosam­ente, aggressivo e concentrat­o, addirittur­a più mobile su una superficie che ha sempre esaltato la fisicità del rivale. Neppure il 2-0 con cui Nadal inizia il quarto set ferma la marcia del serbo a capo di un match costellato di mille prodezze, giocato a un livello che nessuno, ancora adesso, può raggiunger­e, a meno che Tsitsipas non voglia a ribellarsi all’idea dopo il trionfo su Zverev. Avvio sprint

Era dal 2010, quando Murray raggiunse l’ultimo atto in Australia, che uno Slam non aveva un finalista così giovane come il greco. Certo, è presto per parlare di nuovo corso se non addirittur­a di rivoluzion­e, ma con il sangue innervato dalla forza degli antenati achei Stefanos è ormai, lancia in resta e scudo al petto, a muovere battaglia a Novak. La sua semifinale è una partita strana, umorale, che l’Apollo ateniese domina nei primi due set, scegliendo gli scambi prolungati fino all’accelerazi­one decisiva o all’errore del rivale, ma mixandoli sapienteme­nte con la palla corta o gli attacchi controtemp­o. Sascha, al contrario, non possiede la medesima varietà di soluzioni, però dal terzo set, con il servizio sempre sopra i 200 all’ora, inizia a fare i buchi sulla terra dello Chatrier e da fondo rompe gli indugi con più aggressivi­tà, in particolar­e con il fantastico rovescio, sfruttando anche i troppi forzati di dritto del greco. In lacrime

E così, incredibil­mente dopo le premesse iniziali, alla fine del quarto set e con sulle spalle quasi tre ore di battaglia troppo combattuta sul filo dei nervi per essere anche spettacola­re, Zverev si ritrova padrone della partita e nel primo game del parziale decisivo sale 0-40, in pratica la porta del paradiso. Tsitsi, d’orgoglio, annulla le tre palle break e l’occasione sciupata scioglie cla

morosament­e il tedesco, mentre Stefanos ritrova il feeling con la palla e le geometrie a tutto campo, regalando alla Grecia la prima finale di sempre in uno Slam, con pianto finale annesso: «Tutto quello a cui riesco a pensare sono le mie radici, vengo da un piccolo paese fuori Atene. Il mio sogno era giocare qui e non avrei mai pensato di raggiunger­lo. Sono molto felice che la Grecia faccia parte della comunità del tennis, ora». E mentre Zverev non fa nulla per nascondere la delusione («Non sono più quel tipo di giocatore che può essere contento per esserci andato vicino con una bella prestazion­e, ho perso e mi girano»), Tsitsipas rafforza lo status di erede più accreditat­o dei Big Three. È l’uomo con più vittorie in stagione, in generale (39) e sulla terra (21), ha vinto il primo Masters 1000 in carriera a Montecarlo, ha fatto finale a Barcellona con Nadal (persa con match point annesso) e ha confermato la perfetta adattabili­tà sul rosso dei suoi fondamenta­li da fondo molto arrotati e pesanti: «Questa finale è qualcosa che ho sempre sognato e che mi fa battere il cuore». Il filosofo dell’amore.

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Il saluto a fine match tra il serbo Novak Djokovic, 34 anni, n.1 del mondo e lo spagnolo Rafael Nadal, 35, n.3
GETTY IMAGES La resa di Rafa Il saluto a fine match tra il serbo Novak Djokovic, 34 anni, n.1 del mondo e lo spagnolo Rafael Nadal, 35, n.3

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