I più forti della
DJOKOVIC-TSITSIPAS GENERAZIONI CONTRO CACCIA GROSSA AL TRONO VACANTE
Uscito di scena Nadal, oggi alle 15 si sfidano a Parigi il n. 1 Atp e quello della Race 2021. Per il serbo 18 Slam, il greco è alla prima finale
Restaurazione o rivoluzione? Quando il sovrano cade, si strappa una pagina di storia e se ne scrive un’altra. Soprattutto al Roland Garros, dove una sconfitta in semifinale di Nadal non si era mai vista prima. I tifosi, al solito tutti dalla sua parte nella sfida con Djokovic, lo avevano accolto con uno striscione inneggiante a Rafa XIV, il Re Sole, mai immaginando che il signore assoluto di questi campi potesse scendere dal trono. Ecco perché il successo di venerdì di Novak non rappresenta soltanto una delle partite più esaltanti della sua carriera, ma si abbellisce del gusto prezioso di un’impresa fuori dall’ordinario, malgrado la già conclamata, leggendaria grandezza del serbo. Ed ecco perché lo Slam parigino può davvero segnare lo spartiacque tra la vecchia e la nuova era: per la prima volta dagli Australian Open 2020, in campo c’erano tutti i Big Three (anche se dalla stessa parte del tabellone) e per la prima volta un Next Gen, cioè l’altro finalista Tsitsipas, si presenterà sul campo con il primo posto nella Race, dunque con il miglior rendimento di stagione, e la conseguente ambizione di non essere soltanto il valletto di un’altra festa di un fenomeno della generazione dorata.
Il riposo del guerriero
All’ultimo atto e alle sue implicazioni temporali, in verità, Djokovic ha rivelato di voler pensare solo da stamattina: «Quando batti Nadal sulla terra del Roland Garros devi festeggiare. E la mia festa è relax e riposo, senza mettermi pressioni per la sfida contro Stefanos fino a poche ore prima di entrare nello spogliatoio». Portato al quinto set da un favoloso Musetti, impegnato per più di tre ore da Berrettini e poi coinvolto nell’epico duello con Nadal, Nole è rimasto in campo esattamente un’ora e mezza in più (16 ore e 42’ contro 15 ore e 12’) dell’avversario, che ha anche 11 anni di meno: «Non è la prima volta che gioco una semifinale durissima in uno Slam e poi devo tornare in campo a meno di 48 ore — analizza il Djoker — ma credo di aver dimostrato in carriera che le mie capacità di recupero sono piuttosto buone. Ovviamente il mio fisioterapista cercherà di fare tutto il possibile per restituirmi freschezza atletica, ma ho giocato abbastanza tennis qui per non aver bisogno di allenarmi troppo. So cosa devo fare». Contro Tsitsipas, a ottobre, vinse una seminale asperrima in cinque set e un mese fa lo ha sconfitto in tre duri set nei quarti di Roma, ma una finale Slam ti proietta in un altro mondo: «Per lui sarà la prima, un grande traguardo, però sono sicuro che non vorrà fermarsi lì ed anzi avrà tanti stimoli e niente da perdere. È in gran forma, è primo nella Race e ha avuto i migliori risultati complessivi. È maturato molto e la terra è la sua superficie preferita. So che sarà un’altra dura battaglia».
La cabala
Per affrontarla, Stefanos potrà affidarsi, oltre che alle sue armi tecniche, anche alla cabala. Nadal perse la prima volta a Parigi nel 2009 da Söderling, che poi andò in finale e la perse contro Federer, che ha il rovescio a una mano. Nel 2015, sei anni dopo, fu sconfitto da Djokovic, a sua volta finalista sconfitto da un altro interprete del rovescio classico, Wawrinka. Trascorsi altri sei anni, nel 2021, si è arreso di nuovo a Nole, che all’ultimo atto affronterà un altro giocatore con il rovescio a una mano. Ovviamente, a Tsitsi servirà molto di più di una curiosa statistica per entrare nei meccanismi tecnici del più forte giocatore del mondo, ma di tutti i nuovi virgulti sembra quello più attrezzato mentalmente a sostenere l’urto di una sfida gigantesca, dall’alto delle 39 partite vinte in stagione, di cui 22 sulla terra (entrambi record): «La finale è un sogno, il Roland Garros è il mio torneo preferito e lo era pure del mio primo allenatore: coincideva sempre con gli ultimi giorni di scuola e io trovavo sempre una scusa per uscire prima e correre a casa a guardarlo in tv. Ma non ho certo intenzione di fermarmi qui: noi giovani dobbiamo solo inchinarci davanti ai risultati che hanno ottenuto i Big Three, hanno reso il nostro sport popolarissimo e lo hanno portato a un livello incredibile, ma io credo che la mia generazione adesso sia pronta ad affrontare questa grande sfida. Giocherò la partita più importante della mia vita contro il numero uno del mondo: ecco perché amo quello che faccio». Ma nell’Olimpo del rosso ci sarà posto per una sola divinità